DREAM THEATER: Parasomnia
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08/02/2025Ritroviamo i Dream Theater con rinnovato fervore in 'Parasomnia'; un ritorno alle origini per la band, con nuove sfumature aggiunte al loro già ricchissimo catalogo. Con un mix di heavy riff, atmosfere evocative e tecnica impeccabile, il risultato è finalmente quello di un album impressionante. Non male dopo anni di musica composta con il pilota automatico. Innanzitutto, precisiamo che una delle scelte migliori trovate in 'Parasomnia' è quella di contenere la troppa esuberanza di Jordan Rudess. Più misurato del solito e concentrato su accattivanti fondamenti melodici, piuttosto che su assoli virtuosistici: permette così al resto della band di brillare, aggiungendo ai pezzi profondità senza dominare eccessivamente le composizioni. Rimpiango Kevin Moore da 'Awake', comunque, ma non possiamo farci molto a riguardo. Purtroppo, non si può dire lo stesso di di John Myung, perennemente in ombra nel mix, a parte in una singola canzone. Peccato davvero perché ha un bel sound, ma va a scontrarsi contro le frequenze della chitarra che lo coprono quasi del tutto. Il ritorno di Mike Portnoy alla batteria, invece, è indubbiamente fondamentale. La sua presenza dona una batteria più organica e vivace rispetto agli album con Mike Mangini che, nonostante gli fosse tecnicamente superiore, figurava troppo robotico nel drumming. Portnoy riesce a infondere quel calore e quell'anima che molti fan sentivano mancare. La chimica con il resto della band è palesemente palpabile. L'arma non proprio segreta di 'Parasomnia'? John Petrucci! Il buon vecchio John stavolta ci ha davvero impressionati offrendo una performance degna di nota, con riff sprigionati da sette corde pesanti quanto il tungsteno ed assoli sempre tecnicamente eccelsi, ma che finalmente ci offrono anche melodie memorabili. Scandagliando i brani, "A Broken Man" colpisce per i suoi riff potenti che ricordano lo stile di 'Awake'. Combina pesantezza e complessità ritmica, con una sezione funky e sincopata che aggiunge una freschezza inedita per il gruppo. "Night Terrors" è uno dei punti salienti dell'album; un pezzo che intreccia atmosfere oscure e melodie avvolgenti, con LaBrie che si distingue per un'interpretazione più sobria e profonda. Il suo tono, più basso e riflessivo del solito, dimostra una maturità artistica che si adatta perfettamente al mood del brano. "Midnight Messiah" inizia con una struttura immediatamente familiare molto vicina a quella di "Learning to Live", uno dei classici indiscussi della band tratto da 'Images and Words'. Un omaggio al passato, ma anche una dimostrazione di come i Dream Theater sappiano reinventare il loro sound, mantenendo comunque un forte legame con le loro radici. "Dead Asleep" è senza dubbio la Magnum Opus di 'Parasomnia'. Complessa e ambiziosa, fa il verso a vari momenti di "Metropolis Pt. 2: Scenes from a Memory". Dinamica ed evocativa, riassume gli elementi che hanno sempre reso i Dream Theater i Dream Theater. Sia ben chiaro, ci sono episodi dove troppa opulenza storpia il risultato finale, ed infatti "The Shadow Man Incident" fa fatica a lasciare il segno. Troppo lunga e pesante. Peccato, perchè il riff iniziale spaccava di brutto. Ci voleva un po' più di cattiveria. Forse. Ad ogni modo fa piacere vederli arzilli ed in forma. Speriamo che anche la voce di James Labrie lo sarà quando quest'estate li vedremo esibirsi per celebrare i 40 anni di carriera di una band a dir poco fondamentale, e non solo in ambito metal.
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