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VANDEN PLAS: The Empyrean Equation of the Long Lost Things

data

18/05/2024
90


Genere: Progressive Metal
Etichetta: Frontiers Music
Distro:
Anno: 2024

Dopo quattro anni di attesa giunge, finalmente, il momento di assaporare un nuovo lavoro dei Vanden Plas, facendo seguito al valido secondo capitolo de 'The Ghost Experiment', e diciamolo subito si tratta di un grande ritorno. Un superbo disco che fin dalla traccia di apertura mette in mostra tutta la sua fierezza, denotando un coraggio al limite dell'incoscienza, o forse proprio una consapevolezza assoluta nei propri mezzi tale da iniziare, in buona sostanza, con uno strumentale...di 8 minuti! infatti la title-track, dopo un incipit di solo pianoforte che può ricordare certi Savatage, sviluppa una potentissima traccia attraverso un profluvio di note scaturite dalla magica chitarra di Stephan Lill che a fasi alterne sfidano le tastiere di un ottimo Alessandro Del Vecchio, senza l'ausilio della voce di Andy, la quale fa solo una fugace apparizione verso la metà del pezzo, declamando il conciso ritornello; una sorta di lunghissima intro, insomma, atipica quanto efficace. Si torna, però, subito all'antico con la successiva "My Icarian Flight", primo, sublime, singolo che pare ripresentare in chiave Vanden Plas quanto già sentito, in parte, con gli All My Shadows; ancora una intro di pianoforte che lascia presto spazio ad un solido riff (inizio che può ricordare lo strepitoso pezzo degli Angel Dust, "Bleed"), portando in un batter d'occhio all'orecchiabile chorus. è, poi, la volta di 2 lunghe composizioni nel pieno stile della band di Kaiserslautern, "Sanctimonarium" e "The Sacrilegious Mind Machine", articolate fra momenti di pura tecnica, sfuriate metalliche, rari momenti di quiete e ritornelli melodici, il tutto benedetto dagli illuminati assoli di un Lill in stato di grazia. Giunge, così, il momento di rifiatare attraverso una malinconica ballata, "They Call Me God", per metà acustica ma dotata di un gran bel crescendo sullo stile della vecchia "Crown of Thorns", in cui Kuntz ricorda a tutti di essere un cavallo di razza, capace d migliorarsi di anno in anno. Alla fine sopraggiunge l'immancabile, enorme (in ogni senso), suite che tanto deve ai Dream Theater ma che, comunque, riesce a mantenere intatto il marchio Vanden Plas, baciata da un riff che è pura poesia e che, davvero, pare un manifesto programmatico del Prog Metal nell'accezione più pura del termine, serpeggiando fra innumerevoli cambi di tempo e d'atmosfera e sciorinando tecnica a profusione fino al riuscito "Reprise" del pezzo d'apertura, "The Empyrean Equation Of The Long Lost Things". L'album consta di "Sole" 6 tracce ma raggiunge quasi l'ora di durata, dipanandosi fra episodi mediamente piuttosto lunghi ma mai noiosi, anzi. La band tedesca, ormai, è matura, ben conscia delle proprie virtù e portatrice di un suono sempre personale ed estremamente riconoscibile. Tecnica sopraffina e ottime idee, un binomio che meriterebbe una sempre più vasta attenzione, statene pur certi!

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