MESSIAH'S KISS: DRAGONHEART
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20/04/2007I teutonici Messiah's Kiss, giunti alla loro terza release, proseguono imperterriti lungo la via già segnata con "Prayer For The Dying" e "Metal": un teutonicissimo Power Heavy figlio di Judas Priest, Accept e Running Wild. E fin qui mi può anche andar bene, soprattutto considerato che il prodotto è tecnicamente valido, ben suonato ed orecchiabile. Ciò che non mi convince proprio è come mai non mi resti in testa un solo riff che sia uno. Ed una spiegazione c'è: si tratta purtroppo di pezzi che non supernao la semplice orecchiabilità, complice peraltro una scolarità disarmante chiara fin dagli intenti dichiarati del gruppo: un "Heavy Metal nella sua forma più pura, ignorando le sperimentazioni che fanno altri musicisti". L'affermazione può di per sè non essere male, anzi stimolare all'ascolto: voglio dire, non sono più tanti i "true metallers" indipendenti che stoicamente non cedono a nessuna forma di compromesso. Alla prova del nove, però, i nostri tedesconi si schiantano contro un muro di "già sentito", a partire dalla voce di Tirelli che si sposta dalla "scuola Rock n' Rolf" per approdare a quella "chi, Ronnie James? Mai sentito nominare. Sarà perchè io sono Dio..." il che non aiuta il precario equilibrio che la band tenta di mantenere sul filo tra studio e copia. Fondamentalmente l'acquisto o meno di un disco come "Dragonheart" (dove l'ho già sentito? E com'è che quell'immagine di Royo in copertina non mi è affatto nuova?) dipende da una semplice scelta: se si voglia o meno un disco ben suonato, quadrato, quasi disarmante nella sua semplicità, ma che tende a non lasciare segno alcuno nella mente dell'ascoltatore. Sicuramente l'ascolto è piacevole, ma finisce tutto lì. Se vi basta questo, fate pure.
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