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AUTOGRAPH: BUZZ

data

03/10/2003
78


Genere: Melodic Hard Rock
Etichetta: Point Music
Anno: 2003

Gli Autograph rientrano a pieno titolo nella folta schiera delle band sfigate per eccellenza. Seppur con ottimi dischi alle spalle, la band made in L.A. ha sempre rivestito un ruolo secondario all’interno della scena del rock duro a stelle e strisce. Mai headliner ma sempiterno gruppo di supporto di storiche band come Motley Crue e Van Halen. Dopo tre buone prove in studio ed una certa fama on stage, i nostri furono costretti ad arrendersi nel 1989 a causa dei problemi(relativi al nuovo materiale) sorti con la casa discografica di allora. Dopo quasi 3 lustri e con già una pubblicazione di brani inediti, quel Missing Pieces del ’97, Steve Plunkett(storico fondatore) ritorna con una formazione rivoluzionata(ma non inedita: sia Morrison sia Lang hanno collaborato con Springfield e Morisette) ed un nuovo, freschissimo album. Le coordinate stilistiche sono riconducibili a quello che gli Autograph hanno sempre dimostrato di sapere fare bene, hard rock melodico con chitarre sempre in primo piano, scorticate e trasandate ma restaurate da produzione cristallina. La nuova svolta vede un uso limitato delle tastiere rispetto al passato, e presenta un’aggiunta riscontrabile nell’accostamento al sound tipico di chiari riferimenti leppardiani come in She’s The reason e nella successiva Fed Up With Bein’ Down, quest’ultima davvero ottimo esempio di come sia pienamente riuscito l’innesto: coro e melodia accattivante a più voci(Def Leppard) ed up-tempo accompagnato dalle ruvide sei corde(AC/DC style, altra band fonte d’ispirazione di Plunkett). Energia, tanta energia, e tanta melodia caratterizzano tutte le altre composizioni e tutte seguono il percorso principe delle song di cui sopra, con fermata d’obbligo per la bella e suadente semi-ballad Heart Reaper, e la morbida title track, hit radiofonico rubato direttamente alle stazioni FM americane degli ’80. Buzz è un disco senza pretese ma sincero, nato dalla volontà di Plunkett e sospinto dagli apprezzamenti ricevuti dopo alcune sue composizioni finite nella soundtrack di “Rock Star”. Ed ha l’unico intento(non da poco vista l’aria seriosa che ultimamente si respira nel mondo della musica pensante) di rockkare e divertire e sudare e saltare e bere una birra, infine, stringendo le mani a chi sarà disposto ad ascoltarlo ed apprezzarlo(senza risultare anacronistico).

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