ATHENA XIX: Everflow Part 1: Frames Of Humanity
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01/02/2025Sono passati più di vent'anni dall'ultimo full-lenght degli Athena, da un paio d'anni a questa parte Athena XIX, e devo dire che la curiosità (la vecchia band di Fabio Lione, quando i Rhapsody ancora muovevano i primi passi), era superiore alle aspettative, per quanto ricordi che 'A New Religion' fu accolto in maniera abbastanza positiva. Sia come sia, da questa voragine temporale di due decenni e passa emerge un album gigantesco. Il prog/power metal dei nostri, con l'accento sull'aspetto progressivo, si è fatto decisamente più pesante, con parti batteristiche furiose e fantasiose ad un tempo, accompagnate da pesante riffing chitarristico, chitarre che non si rado si lasciano andare a brillanti parti solistiche. A tutto questo si aggiungano i piacevoli inserti tastieristici/pianistici, l'uso misurato, ma non di meno importante di spunti elettronici (una dei primi aspetti a cui si reagisce), e un Fabio Lione mai cosi eclettico in produzioni italiane (non ho dimestichezza con il suo lavoro negli Angra). Uno degli aspetti che più mi preme sottolineare è la conclusione che c'è da trarre dalla brevità dei pezzi, tutti sui 4-5 minuti: non c'è bisogno, evidentemente, a proposito di metal progressivo, di avere composizioni interminabili di 15, 20 minuti per fornire un'esperienza d'ascolto dinamica e imprevedibile. Almeno i primi quattro pezzi dell'album fanno genuinamente esclamare "wow", e se non accade per tutti i brani successivi non è perchè siano di scarso pregio, ma piuttosto in parte svanisce l'effetto sorpresa e in parte nella seconda metà dell'album c'è un po' più di spazio per la melodia e i pezzi si fanno, almeno in parte, un po' più tradizionali per il genere (fa eccezione "Synchrolife" che è genuinamente spiazzante). Se siete portati a pensare che prog metal significhi interminabili composizioni in cui troppo spesso noia per l'ascoltatore, e autoindulgenza per l'artista compromettono l'ascolto, qui avete la prova più evidente che l'assioma non è tale. Le brevi, dinamiche, pesanti e lussureggianti composizioni fanno di questo album il migliore nel suo genere da molti anni a questa parte. Il fatto che il titolo contenga la dicitura "part 1" non può che rendere il tutto ancora più emozionante.
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