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ABBATH: Outstrider

data

01/08/2019
80


Genere: Black Metal
Etichetta: Season Of Mist
Distro:
Anno: 2019

Seconda prova in studio per uno dei pilastri del true norwegian black metal: Abbath. Ero impaziente di ascoltare questo album, fui molto colpito dal predecessore che si discostava di qualche grado dallo stile compositivo classico di Olve, inserendo riff e sonorità a tratti più spinte e veloci. Con ‘Outstrider’ il sound che troviamo è  un classico black ricchissimo di incursioni thrash da parte del nostro beniamino. L’opener track “Calm In Ire (Of Hurricane)” è l’emblema del riffing di questo stampo; il brano si apre con una chitarra acustica che ci porta immediatamente nelle lande gelide norvegesi. Gli stacchi e l’incisività degli accenti hanno una forte attinenza con gli ultimi Immortal e con il vecchio progetto solista di Abbath, gli I, progetto che in qualche modo continua a vivere grazie ai live, nei quali vengono riproposti brani tratti dall’album ‘Between Two Worlds’. Lo stile di questo progetto, in ogni caso, si arricchisce di sonorità nuove: l’andamento quasi death del riff portante del brano “Bridge Of Spasms” che scurisce ancora di più l’atmosfera. “Harvest Pyre” è sicuramente il brano più accattivante e d’impatto; primo singolo estratto, ha sicuramente le caratteristiche per diventare un’anthem nelle esecuzioni live. Un metro compositivo più articolato e complesso fa capolino con la title-track che strizza l’occhio al black/viking dei Bathory, band che non può mancare nelle citazioni; difatti l’ultima traccia è proprio una cover del suddetto gruppo: “Pace ‘Till Death” dall’album ‘Blood Fire Death’. Molto apprezzabile anche "Hecate" brano dal ritmo più spinto e diretto, elemento mutuato dall’amore per i Motörhead intercalato da gelidi passaggi acustici. I testi, curati da Simon Dancaster, hanno sempre quello spirito guerresco e battagliero pervaso di mistero e arricchito da una terminologia mai banale. Il target di Abbath indirizzato verso una composizione più ristretta per quanto riguarda il numero di brani, ma ricca di idee ben sviluppate è veramente apprezzabile. L’album non presenta tracce superflue, sono tutte una martellata (di Thor) in faccia che non lascia il tempo di respirare, soffocati dal gelo della musica. Formazione rinnovata nella sezione ritmica vede: alla batteria Ukri Suviletho e al basso Mia Wallace mentre alla chitarra solista rimane Ole Andre Farstad. Una curiosità, le tracce di basso sono state lavorate proprio qui da noi, in Italia, al Genxia Studio di Chieti da Manuel Visconti. Questo album fa ardere nuovamente l’oscura fiamma di luce oscura e gelida, arricchendola di nuove emozioni, ma senza dimenticare la propria origine.

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