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WARLORD: DELIVER US

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23/07/2006
86


Genere: Epic metal
Etichetta: Metal Blade
Anno: 1983

Romanticismo ottocentesco e sensibile gusto per una magica malinconia sono elementi che l'heavy metal più tradizionale non ha mai approfondito particolarmente, anche nell'ambito più prettamente "epico" del genere, in cui sentimentalismi nostalgici hanno sempre abbondato. Ed è proprio di questa particolare attitudine, intimista e dal cuore d'oro, che si occupano gli indimenticati Warlord in "Deliver Us", EP d'esordio datato 1983. Autentici prime-movers dell'epic metal, oggetto di uno dei cult più diffusi e "obbligatori" fino ai giorni nostri, i Warlord sono il prodotto di due menti musicali geniali, ovvero Destroyer (Bill Tsamis, chitarra) e Thunderchild (Mark Zonder, batteria), coadiuvati da un'entusiasmante Damien King dietro al microfono (indubbiamente superiore al più conosciuto Damien King II del successivo "And The Cannons..."), The Raven al basso e Sentinel alle tastiere. La formula dei Warlord farà in futuro la gloria di una band come i Savatage, e trova riscontro solo in lavori come "Awaken The Guardian" dei Fates Warning o nei primi (ma parecchio posteriori) lavori degli altrettanto geniali Crimson Glory. Lo stile della band emerge subito inconfondibile: un'alchimia di melodie chitarristiche, tempi di batteria sempre intelligenti e variegati, delicate tastiere a pennellare il sottofondo e sentite interpretazioni vocali. Delicati e taglienti come una sciabola affilata, potenti quando serve e meditativi nelle occasioni giuste, i Warlord sfuggono spesso a una descrizione unitaria. Ogni momento è prezioso in questo disco, ogni brano è letto con una sensibilità unica e una classe strumentale che non si può far altro che invidiare (da musicisti) e adorare (da ascoltatori). La chitarra di Tsamis, devota a Randy Rhoads ma già personalissima nel suo stile prepotentemente solistico, acquerella riff e melodie antichissime con classe cristallina, tingendo di nero l'ossatura doom di un brano come "Black Mass" o rendendo celestiale la sofferta malinconia di "Winter Tears"; il drumming di Zonder irrobustisce il brillante US metal di "Child Of The Damned" e cadenza il monolitico metallo epico dell'opener "Deliver Us", brani ormai entrati nella storia del genere a pieno diritto insieme alla devastante "Lucifer's Hammer" e la splendida semi-ballad "Penny For A Poor Men". Tematiche intelligenti (e d'ispirazione spesso religiosa) completano il primo lavoro di una band sfortunata ma imprescindibile, essenziale per chi ricerca in primo luogo emozioni da una musica nata per far esplodere i cuori con la sua potenza espressiva.

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