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RAIDEN: Mothership

data

05/03/2017
70


Genere: Rock
Etichetta: autoprodotto
Distro:
Anno: 2016

Nelle colline appenniniche, tra monumenti antichi e boschi lussureggianti, si possono ritrovare anche scorci di rock piuttosto semplice e genuino. È il caso dei simpatici Raiden, formatisi con una gavetta fatta di pane e Motorhead, e che arrivano nel 2011 all’esordio omonimo. L’anno scorso ritornano con ‘Mothership’, un disco in cui, dopo un buon inizio interamente strumentale, si sente subito che la band si rifà molto a band storiche quali il rock duro dei Motorhead associato alla vena punk dei Ramones. A queste soluzioni si alternano anche episodi avvicinabili al grunge, come nella parte iniziale di “Neither Slaves Nor Masters”, dove poi entra la rauca voce di Francesco Acerbo, che tenta di emulare zio Lemmy, sapendo che costui è inavvicinabile, ma dando prova comunque di una buona lena. Il pezzo in questione si rivela molto duro e trucido, anche nell’utilizzo delle chitarre, molto abrasive e catarrose. In “Old Song”, un alternarsi lento-veloce accattivante, si rivela invece la voce più calda e più espansiva da parte di Mauro Colarossi, anch’essa particolarmente buona, ed anche qui l’uso delle chitarre si rivela particolarmente coerente e consono al pezzo. “These Boots Are Made For Kick Your Ass” sembra uscita spiaccicata da un album fine ’70-inizi ’80 dei Motorhead, gli anni con ‘Philty Animal’ Taylor ed Eddie Clarke, a testimoniare un omaggio dei Raiden verso la storica band americana. Il rock dei Raiden si dimostra molto classico, ruvido e particolarmente bluesy-oriented, perfettamente incentrato sul contesto americano, senza cercare arabeschi vari ma puntando sulla sostanza. E questo lo si riscontra anche nella maggior parte dei testi, scritti con quell’anima e quel sudore che solo solcando le affascinanti strade americane possono essere capiti. Testi che incontrano percorsi e visioni, visioni come nella solenne “Charon”, dove la voce di Acerbo incontra un’affascinante tastiera che riporta alla memoria sentori di Emerson Lake & Palmer, se non anche frammenti di U2 di ‘Rattle And Hum’. Ed interessante si rivela anche la cover di “Redemption Song” di Bob Marley, rivista in chiave punk-rock creando quel tocco di goliardia in più che si fa ben apprezzare, con Colarossi che indossa un gilet di cuoio, ordina una fresca pinta di Guinness al bancone e si appresta ad interpretare il brano con uno stile molto irish e molto coinvolgente, quasi alla stregua di band come i Dropkick Murphys, o rimanendo a casa nostra, Uncle Bard and the Dirty Bastards. Beh, nel sottobosco del centro Italia si ritrovano con piacere band come i Raiden che trasmettono passione per la musica rock, rispettando molto i loro ideali, e grazie a loro riuscendo a costruire dei sani percorsi musicali che si fanno ben apprezzare. Un ottimo accompagnamento musicale nelle piacevoli serate a suon di birra.

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