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KNA'AN: FIRST IMPRESSIONS

data

15/03/2010
75


Genere: Advantgarde Death
Etichetta: Autoprodotto
Distro: Alkemist Fanatix
Anno: 2009

Kna'an, il nome antico della terra attualmente nota come Israele. Il nome della terra del popolo ebraico nell'Antico Testamento, testo da cui trae ispirazione il disco d'esordio degli israeliani, che hanno confezionato un concept album totalmente riferito ai primi testi biblici, per capirci la Torah, cioè dalla Genesi all'Esodo. Al di là della fede individuale, è indubbio il fascino storico e antropologico di queste tematiche, infatti questi ragazzi non sono l'ennesima, pacchiana, white metal band sfruttata da scaltri predicatori anglo-sassoni per attirare i giovani. Tra l'altro, fra guerre, punizioni divine e soprannaturale la Bibbia ha un immaginario da far invidia al tanto decantato Rheingold, quindi perché non abbandonarsi a un immaginario dalle tinte così marcate? Ma parlando di musica, è indubbio che i ragazzi siano degli ammiratori dei connazionali Orphaned Land, anche se bisogna ammettere che i Kna'an si rivelano molto più ambiziosi, almeno negli intenti. Non che non siano in grado, piuttosto perchè, appunto, ciò che viene tentato in 'First Impressions' è un esperimento davvero complesso, senza contare che stiamo parlando di una band che si autoproduce, anche se il livello di registrazione e produzione è ottimo. Il sound degli israeliani lo si potrebbe semplicisticamente definire Death melodico, ma questo significherebbe ignorare le influenze progressive, i violini, le musiche tipicamente orientali, i cori e via dicendo. Certo, i richiami metal ci sono tutti, impossibile non sentire i Death ("Binding Testament"), in piccola parte gli ultimi Atheist, gli Edge Of Sanity, i Dark Tranquillity, questi ultimi due evidenti in ogni traccia. Fin dal primo momento ci si rende conto del livello dei Kna'an, perchè un brano come "The End Of Purity", con i riff dal gusto orientale, il delicato gusto melodico e arricchito da violino e cori femminili. Il gusto per la ricercatezza, per il sound particolare non viene sopraffatto da onanismi tecnici, pur fermo restando che la perizia strumentale non è certo indifferente. I riferimenti ai già citati Orphaned Land sono evidenti, sia nelle velleità progressive che nel gusto melodico orientale che si va a intersecare dolcemente con l'occidentalissimo metal. Unica pecca gli sporadici cori puliti, poco elaborati e un tantino stonati a tratti. Concludendo, questo è un disco che merita senz'altro un ascolto, soprattutto da parte di quei quattro talent scout rimasti là fuori.

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