KIJU: DEMO(N)CRACY
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11/11/2005Avevo sentito parlare spesso dei Kiju, band italiana che calca le scene underground da anni. Ne avevo spesso sentito parlare, ma ahimè mai ero riuscito ad ascoltare qualcosa di loro, tanto che ricevuta la copia promozionale non avevo la minima idea di come potessero suonare i cinque ragazzi meridionali. Acceso l’impianto sono stato travolto da una specie di carro armato sonoro (“Tag Your Bones”, appunto, etichettavi le ossa perché i Kiju hanno la seria intenzione di mischiarvele per bene e lasciarle sparse sul pavimento di casa vostra), un calderone dalla potenza inaudita che mischia hardcore, quello più pesante, di razza, e thrash metal, il tutto contestualizzato sotto un’ottica moderna, che sa rileggere con abilità anche gli stilemi più pesanti del nu metal. Vitto e compagni dimostrano di essere allievi diligenti e di aver appreso appieno la lezione di gente tipo i Machine Head di “Burn My Eyes”; il loro è infatti un suono grasso e pesante, incalzato da un drum work di tutto rispetto, nel quale fanno capolino armonici super letali ed efficaci deliri di chitarra, come Robert Flynn insegna. A fronte di ciò sarebbe lecito aspettarsi un disco totalmente incentrato sul macello duro e puro, e invece i nostri sanno anche stupire con brani pesantissimi ma dalle aperture melodiche di grande abilità (“I Don’t Tolerate Who’s Not Tolerant” o “Disappear”, in cui è possibile apprezzare la performance alle backing vocals del bassista Cafa) che hanno il merito di spezzare la tensione e farci prendere una boccata d’aria. Francamente, una band come i Kiju in Italia è merce rara, senza nulla togliere alle validissime realtà underground in circolazione nello stivale. Fatto sta che se “Demo(n)cracy” fosse uscito per, chessò, Roadrunner e partorito da un gruppo straniero, li staremmo già osannando come ‘i nuovi Machine Head’. Qualcuno si accorga di loro, please!
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