BLOCCO 24
Un nome che circolava già da qualche tempo in redazione, una splendida realtà tutta italiana di post punk/synth wave che come tante altre formazioni è dovuta ricorrere all’autoproduzione per dare alla luce il primo lavoro sulla lunga distanza. Dato che suonavano nei dintorni di Roma, non ci siamo fatti sfuggire l’occasione per vederli dal vivo e toccare con mano le capacità della band; siamo rimasti talmente soddisfatti che avremmo voluto comprare il cd, purtroppo avevano finito le copie disponibili ed allora abbiamo pensato di farci due chiacchiere con il cantante Carlo Marzari.
Parlateci di voi. Come sono nati i Blocco 24 e da dove deriva la scelta del nome? Avete avuto precedenti esperienze in altre formazioni? Il progetto ha due fasi temporali. Escludendo Andrea Giuliano (Destir, Bloody Riot), che salirà a bordo proprio durante la fase del primo lockdown, con gli altri, ci conosciamo praticamente da sempre. E’ una storia di amicizia che parte da lontano e che ha mosso i primi passi in concomitanza con la nascita del Festival Nel Nome del Rock. Con il batterista (Roberto Nosseri) e con il chitarrista (Luca Puliti - momentaneamente uscito dal gruppo), abbiamo militato in diverse formazioni (Bomb Dog - Big Shooter - Diaphonia). Con il bassista (Stefano Moroni) abbiamo organizzato agli inizi degli anni '90 diversi concerti. Lui militava con i Green Maus. Il progetto Blocco24 nasce agli inizi del 2016! Era giunto il momento di tornare in studio e realizzare un sogno che coltivavo da tempo. Il nome del gruppo evidenzia una storia tragica. Il blocco 24 era una sezione del campo di Auschwitz, all’interno del quale c’era un bordello per prigionieri non ebrei con prostitute non ebree, chiamato PUFF! Volevamo ricordare uno dei momenti più bui della follia umana e in qualche modo ricollegarci con la scelta stilistica dei Joy Division.
Il cantato in italiano è una precisa scelta stilistica che può premiare oppure limitare una band in un mondo anglofono come quello del rock? La credibilità di una band non accetta compromessi! Cantare in italiano non è stata una scelta, ma un’esigenza naturale.
Perché avete scelto l’autoproduzione? I vostri dischi sono ormai sold out, non sarebbe stato meglio affidarsi ad un etichetta che vi avrebbe assicurato maggiore esposizione mediatica e distribuzione visto che il vostro sound può facilmente coinvolgere un pubblico mainstream? Abbiamo provato a coinvolgere etichette che si muovono nel nostro panorama musicale. Puntualmente ci venivano fatte delle richieste che non abbiamo mai preso in considerazione (dovreste cantare in inglese - dovreste scrivere testi meno intimisti). Siamo consapevoli che la strada da percorrere sarà tutta in salita e molto faticosa e che non avremo mai a che fare col grande pubblico.
Diaframma, Garbo, CSI (queste tre band per i testi), Subsonica, Dish Is Nein (Ex Disciplinatha) chitarre a là Young Gods, possono essere annoverati come influenze visto che nella vostra produzione si sente parecchio del loro sound? Essere avvicinati a questi nomi è motivo di orgoglio. Probabilmente in maniera inconsapevole si possono ritrovare elementi che ci accomunano, ma abbiamo cercato sin dall’esordio di rispondere solo alle nostre esigenze culturali. All’interno della band ognuno ha portato un po’ di sè, e ti posso garantire che molti dei nomi citati non sono punti di riferimento almeno per quanto riguarda la sezione ritmica.
Nei vostri testi si legge molto disincanto ed una lucida lettura della realtà. E' una conseguenza della maturità (visto che non siete più dei ragazzi)? Il tempo non ammette sconti. E’ uno specchio poco indulgente che non fatica a sputare sentenze. Rientra sempre nel concetto di naturalezza e spontaneità al quale siamo profondamente legati. Scrivere di sé stessi non è mai semplice, ma l’unico modo per esprimere concetti che possano arrivare dritti come un pugno nello stomaco è concedersi totalmente.
Abbiamo avuto il piacere di vedervi dal vivo al mente locale di Palestrina (vostro paese natale), ed abbiamo notato il calore dei vostri concittadini, nonché il numeroso pubblico accorso. Nel vostro caso non vale il detto di Nemo Propheta in Patria... E’ stata una grandissima serata, ma abbiamo notato con piacere di non conoscere gran parte del pubblico. Molti sono arrivati dalla capitale. In un momento in cui è molto faticoso organizzare una serata che abbia un risultato soddisfacente è stato meraviglioso. Quella strada in salita di cui parlavo prima, comincia a darci qualche piccola soddisfazione.
Avete già del nuovo materiale in cantiere per la pubblicazione di un nuovo lavoro? Abbiamo moltissimo materiale a disposizione e ci stiamo confrontando su quello che è sempre il tema più critico. Uscire con tanti singoli? Uscire con due nuovi EP? Uscire con un nuovo LP? In questa fase non avere una Label coinvolta nello sviluppo commerciale è si! un grosso svantaggio.
Come vi spiegate che una band con le vostre potenzialità non ha la visibilità e notorietà che merita? Concedimi la battuta. Non ce lo spieghiamo [ride, ndr]
Da un po’ di tempo a questa parte sembra esserci un rinnovato interesse del pubblico per le sonorità synth oriented. Ci aspetta un massiccio ritorno agli anni '80 o passerà come una delle tante mode passeggere? Se ti riferisci al grande pubblico probabilmente si, passerà velocemente! Purtroppo il mercato ha bisogno di continui e veloci mutamenti per ovvie ragioni economiche, ma non dobbiamo trascurare il fatto che ci sia una folta schiera di sostenitori del genere che non morirà mai!
"Difendimi" nell’uso del synth e nel refrain di chitarra è simile a "One Day" dei Clan Of Xymox. Ne eravate a conoscenza? Ho amato molto "One Day" e spero che il nostro brano possa avere la stessa fortuna del brano della formazione olandese. Credo che siano molto distanti proprio nella composizione e negli intenti, ma anche in questo caso, sono piacevolmente colpito dall’accostamento!
Dish Is Nein, La Grazia Obliqua e Voi avete in comune il ricorso all’elettronica anni 80/90, alle chitarre graffianti ed ai testi che sono lo specchio della nostra società. Che sia la nascita di una scena o siete tutte realtà slegate? Con i ragazzi de La Grazie Obliqua c’è un rapporto umano e di stima reciproca. Spesso ci siamo confrontati su temi che riguardano il nostro territorio e di come siano cambiate certe dinamiche nel mondo musicale. A breve ci organizzeremo per condividere lo stesso palco e sono sicuro che ci sarà tanta bellezza da regalare!
Volete aggiungere qualcosa? A nome di tutta la band ti ringrazio per questa breve intervista e spero di vederti al prossimo concerto del 25 marzo al Traffic di Roma.
Commenti