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SOUTH AMERICAN MADNESS: ...dall'altra parte del globo

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Da sempre sostengo la tesi che in Sudamerica si mangia carne umana e si beve sangue appena sgorgato dal corpo di qualche sprovveduto. Solo il cannibalismo può spiegare la innata ferocia sanguinaria che contraddistingue moltissime band di quel continente. Senza voler partire dalla notte dei tempi (con il magico 'Bestial Devastation' dei Sepultura, anno 1985, e poi le primissime demo dei Sarcofogo), anche oggi ci sono tanti gruppi che fanno apposta per gli spiriti bollenti che non si accontentano del solito dischetto dei Cannibal Corpse per Metal Blade e che oramai considerano Glen Benton il peggiore dei pagliacci. Diversa roba è arrivata nelle ultime settimane in redazione e senza alcuna pretesa di completezza, né tantomeno di sponsorizzazione spudorata vi segnalo le cosine più interessanti. Perché probabilmente nessuno di questi musicisti diventerà famoso a livello planetario, ma almeno tra vent'anni avrà (forse) un dischetto leggendario a livello underground. In pratica ci portiamo avanti affinché nel futuro più avanzato non ci si possa dire che abbiamo ignorato questo o quell'altro grumo satanico. Non parlerò degli ormai famosi Unaussprechlichen Kulten, nome di punta del continente sudamericano, limitandomi a segnalare l'uscita del loro nuovo album 'Keziah Lilith Medea (Chapter X)' per la mitica Iron Bonehead.

Chitarristi e batterista degli Ariman ci riprovano. Dopo l'esilarante 'Pacto de Muerte' che sembrava una caricatura dell'heavy priestiano, si uniscono a Christian Rojas e danno vita (o morte?) agli efferati Verthebral. Si nutrono della stessa linfa vitale dei nostri Lectern e dei brasiliani Khrophus, giusto per citare qualche gruppo recente, ma sotto sotto, anzi, molto evidentemente è al death metal americano che i Nostri devono tutto. In particolare 'Regeneration' (Satanath Records) è un ottimo compendio di Cannibal Corpse dell'era Corpsegrinder e dei Malevolent Creation, almeno fino a quando si innestano certe melodie soffocanti degne dei Sinister. È tutto molto sentito in termini di qualità dei riff e di interesse generale destato e -scusate la ripetizione- già sentito come contributo alla causa del metallo. E c'è anche qualcosa di più avventuroso nella traccia finale. Ora spazio all'ovvietà. Chi ha detto che bisogna innovare per forza? Sono una persona semplice, sento un album non originalissimo, è suonato col coltello tra i denti ed è presentato in modo ottimale: lo compro. E segno il Paraguay sulla cartina, perché oltre a Chilavert c'è di più.

Avete ben fissato in mente come sono curati, precisi e formalmente perfetti i Verthebral? Bene, gli Invocation Spells sono di tutt'altra pasta, fatta di Satana, riti demoniaci stupra-bambinelli e quant'altro. Tipo interviste con risposte lapidarie tutte col caps lock inserito. Fa tutto parte dei personaggi. Il black thrash selvaggio e scorreggione dopo un po' annoia e i Nostri lo sanno bene: tre album in tre anni, ma dalla durata sempre a ridosso dei trenta minuti per volta. 'The Flame Of Hate' è la stampa con diffusione mondiale della loro ultima rampante (e migliore) uscita, che laggiù in Cile avranno ascoltato in tredici, sotto Suicide Records. Hells Headbangers non sarà sinonimo di qualità assoluta, ma il naso lo sa usare bene e mi dà un fastidio cane sapere che qui in Italia è poco considerata. Sono aumentate le influenze black, sullo stile dei Darkthrone di 'Panzerfaust' e giù di lì, mentre per il resto è tutto caotico, sudato e rocambolesco come un gol di coscia di Inzaghi mentre gli amplificatori dello stadio sparano i primi Slayer, Destruction, Sodom e Hellhammer. Minima tecnica, massimo risultato. Personalmente tendo a fidarmi di gente che ha soprannomi dignitosi e rassicuranti, tipo Witchfucker, perché uno spazietto per la musica anti-celestiale e da bagordi si trova sempre. Non bisogna ascoltare solo gli Schammasch e i Deathspell Omega, eh. E ve lo dice uno che sul comodino ha 'Kenose' e 'Contradiction'. Outbreak of Chile!

E rimaniamo nella nazione andina per una piccola lezione di storia. I Death Yell finalmente esordiscono con un full length, a circa trent'anni dalla loro formazione. La loro prima demo risale al 1989, la kultissima 'Vengeance in Darkness', che assieme allo split coi Beherit di due anni dopo aveva consegnato la band all'oblio. Dieci anni fa invece c'era stata un operazione di recupero di questo materiale da parte di Nuclear War Now! Prod., e arriviamo infine a oggi. 'Descent Into Hell' è proprio come lo vedi, con quella copertina infernale, ma è figlio del 2017. Otto nuovi brani e due rifacimenti, produzione carnale ma professionale in pieno stile Hells Headbangers, un tornado dalla vocazione deicida e sodomita (anche per le band) di death/black che fa diventare cani rabbiosi tutti i fan della scena sudamericana. È stato scongiurato l'effetto Blood Feast, quello di uomini di mezza età totalmente fuori posto. C'è solo da abituarsi al timbro vocale un po' diverso dal passato, più acido che penetrante, che potrebbe ricordare quello degli Atheist in alcuni punti. Gli assoli slayeriani sono sempre presenti, dalla demo un marchio di fabbrica dei Death Yell. A proposito di Slayer, l'ottimo artwork è opera di Marcelo Velasco, all'opera sul loffio 'Repentless'. Esce a Ferragosto, fatelo risuonare in tutte le spiagge più cool del momento.

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