WOLFCHILD: WOLFCHILD
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22/11/2006Questi Wolfchild devono aver ascoltato molto gli AC/DC durante la loro formazione musicale. Quartetto finlandese al debutto, fanno del 4/4 e del suono della chitarra ipervitaminizzato una ragione di vita. Come se Angus Young avesse iniettato ormoni della crescita alla sua sei corde ritrovandosi un suono più muscoloso e corpulento. Ovviamente, il paragone è azzardato in fatto di sostanza e personalità. La band rimane oceani indietro rispetto a quella australiana e, per giunta, alla lunga, abbastanza prolissa. La monoliticità dei Wolfchild è sinonimo di noia. Dieci brani strutturati tutti uguali che fanno fatica ad emergere dall'anonimato soprattutto a causa dell'incapacità di Hogberg alla voce di dare smalto alle composizioni. Tecnica rasente lo zero(anche se non essenziale considerato il genere proposto), a volte fuori tono, e mai in grado di imprimere spessore a canzoni già per loro conto statiche. Resta un muro sonoro che apparentemente potrebbe impressionare vista la portata(la produzione assai pompata lo enfatizza), ma dopo qualche ascolto anche quella impressione iniziale comincia a scemare, e ti viene voglia di mettere su "Highway To Hell", o un disco qualunque degli Skew Siskin per riprenderti. Tanta buona fede e voglia di fare, per carità, ma i Wolfchild al momento meritano il circuito delle cover band, da ascoltare in qualche rock-club per una serata all'insegna del tribute show.
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