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WITHERING SURFACE: FORCE THE PACE

data

28/05/2004
60


Genere: Melodic Death Metal
Etichetta: Scarlet records
Anno: 2004

Formati nel 1994 i Withering Surface arrivano, con questo nuovo “Force The Pace”, al quarto full lenght della loro decennale carriera. Musicalmente parlando siamo di fronte ad una band, guarda un po’ scandinava, che si ispira, pescando a piene mani, alle più recenti produzioni dei conterranei più famosi (Soilwork e In Flames): il death metal melodico proposto dai cinque musicisti danesi è un’imitazione, a volte riuscita, a volte meno, di quello che altri hanno già fatto da un po’. Non mancano gli spunti più personali e interessanti, ma la sensazione di già sentito è presente un po’ in tutti i brani. Il disco parte discretamente con “Gears”, una traccia immediata dal classico groove svedese, che però si perde in un ritornello che pare voler essere catchy a tutti i costi, risultando purtroppo poco incisivo. Decisamente più convincenti la variopinta “Hold The Line” e la title track, dall’incedere imperioso e con un refrain anthemico che, riproposto dal vivo col supporto di un giusto pubblico, farebbe un figurone. Merita in particolare un ascolto “Inhale The Hyper Pulse”, che si fa apprezzare per una struttura tutt’altro che lineare, in cui grande spazio è lasciato a linee di chitarra vivaci, come quelle, identiche, che aprono e chiudono il brano. Sotto la media abbiamo “Machinery” (a tratti noiosa nonostante la violenza) e “Urban Glasses”, il cui uso delle clean vocals filtrate ricorda troppo da vicino gli ultimi lavori della band di Stromblad e Gelotte. La produzione, affidata all’esperienza di Tue Madsen (che ha lavorato anche coi The Haunted), è quanto di meglio si potrebbe chiedere al giorno d’oggi: corposa e potente, contribuisce non poco ad elevare la qualità complessiva dell’intero lavoro, che altrimenti non scapperebbe al limbo della mediocrità. In definitiva un disco non certo da buttare via, ma che faticherà a ritagliarsi il proprio spazio nell’affollatissimo mercato attuale, dato che di proposte di questo stampo ce ne sono a bizzeffe; un lavoro che probabilmente farà la felicità di tutti quelli che ritengono che il death metal sia nato nella penisola scandinava. Evitabile per tutti gli altri.

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