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TOWNSEND, DEVIN: INFINITY

data

11/02/2011
86


Genere: Progressive/Heavy Metal/Ambient
Etichetta: HevyDevy
Distro:
Anno: 1998

Fresco da un bel ricovero in una clinica psichiatrica dove scopre definivamente di esserre affetto da un disturbo bipolare della personalità, in linea con la sua musica, sempre in bilico tra l'ultraviolenza di lavori come 'City' degli Strapping Young Lad, e gli episodi più melodici e rilassati del precedente 'Biomech', il polistrumentista partorisce una nuova pietra angolare del suo personalissimo percorso musicale. L'espressione a metà tra l'ironico e la demenza con la quale il nostro firma la cover che lo raffigura nudo, o meglio 'vestito' della sola luce dei riflettori su uno sfondo bianco, lascierebbe supporre all'ascoltatore di trovarsi di fronte ad un lavoro molto più "tranquillo" del precedente, ed anni luce dal nero profondo di 'City'. Se ci si sofferma a pensare che anche le pareti di una camera imbottita di un manicomio hanno lo stesso colore, forse si riesce a focalizzare l'autentica follia che pervade un album come 'Infinity'. Reclutati amici come il texano drummer Gene Hoglan, vero martello apocalittico dei Death, oltre che dei Testament, e già Strapping Young Lad, Christian Olde Wolbers dei Fear Factory al basso, e valendosi della collaborazione del cantante/chitarrista e compositore dei Wildhearts, Ginger (co-autore del bel singolo "Christeen"), il nostro eroe tira fuori dal cilindro dieci pezzi (tredici nella ristampa della Inside Out) definiti come una via di mezzo tra il precedente lavoro a suo nome, e il già citato 'City' (SYL), il tutto miscelato al...musical alla Broadway! Se con l'iniziale "Truth", scandita dalla solita chitarra in delay, unitamente alle stratificazioni vocali androgine uno dei trademark di Townsend, siamo più o meno nei territori già noti agli amanti del compositore canadese, con la successiva "Christeen" (agevolata dal suo primo videoclip da solista) si ritenta, riuscendoci, il colpaccio rock-pop di "Life" nonostante l'evidente maggior asprezza del cantato. La drammatica "Wild Colonial Boy" flirta nuovamente col musical, mentre "War" e "Unity" sono le epic song di turno, e "Noisy Pink Bubbles" è una nuova occasione per intrecciare altre ossessioni sonore all'autentica follia. La tracklist di 'Infinity' in realtà non si ferma qui e, a seconda dell'edizione che ci si ritrova tra le mani (Heavy Devy o Inside Out), abbiamo l'occasione di ascoltare il demo di "Man" piuttosto che la versione acustica della ambient-song "Sister" del precedente platter, o ancora la suite in quattro parti "Processional" per tacere della melodica "Om". "Life Is All Dynamics", presente in tutte le varie edizioni, è forse la perfetta sintesi tra passato, presente e sopratutto futuro di un artista non facilmente etichettabile se non con un neologismo. Ancora una volta sopra i colpi di genio, le ritmiche più prog, le schitarrate e le tastiere avvolgenti, si staglia il muro sonoro edificato dall'incredibile (a tratti sovrumano) talento vocale dell'omino nudo che ci osserva serafico dalla copertina, e che mostra fiero il tatuaggio sulla gamba: la patria dei Rush e dei Saga, dei Triumph e degli Unexpect ha finalmente il suo 'mad-doctor'.

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