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THE VINTAGE CARAVAN: Gateways

data

27/09/2018
75


Genere: Hard Rock, Blues Rock
Etichetta: Nuclear Blast Records
Distro: Warner Music
Anno: 2018

I giovani ragazzi islandesi The Vintage Caravan sono riusciti, negli ultimi anni, a ritagliarsi uno spazio di notevole rilievo nel panorama dell’hard rock classico europeo, grazie anche all’accordo avuto con l’imponente che gli ha permesso di pubblicare il lavoro del del 2015 ‘Arrival’. Sull’onta del successo di quell’album (e possiamo dire, anche di quello precedente ‘Voyage’, prodotto quando il leader e voce della band Óskar Logi Ágústsson aveva solo 18 anni), la Nuclear Blast torna ad intessere rapporti con la band di Álftanes per pubblicare il quarto disco ‘Gateways’. La band, in copertina, mette da parte in maniera parziale le immagini in salsa psichedelica che ne avevano caratterizzato gli album precedenti, soprattutto l’esuberante logo della band al quale fa posto un font molto più classico, e come contenuto sostanziale tende a non modificare i canoni per cui li abbiamo felicemente conosciuti. Tra hard rock, blues, psichedelia, virtuosismo progressive e tanto talento, i Vintage Caravan confermano quanto di buono si è sempre affermato, ovvero offrire all’ascoltatore adrenalina data dal rock sanguigno che esce soprattutto dalla chitarra e della voce di Ágústsson, mista ad un gusto e ad un sapore tipicamente vintage che fa di questa band un degno successore delle blues band del passato, ponendoli al pari di band contemporanee come Rival Sons e The Answer. Tutti i brani dell’album scorrono in maniera fluida e senza tante flessioni, dove si nota come costante essenziale l’ottimo sviluppo vocale di Ágústsson, caldo e viscerale come mai in passato. Per citare alcuni brani di ‘Gateways’, si possono ricordare “Reflections”, il quale si presenta con un inizio arrembrante che sicuramente sarà un ottimo biglietto da vista in sede live, muovendosi poi con soluzioni più arieggiate e riflessive, e finendo di nuovo con irruenza. Un altro pezzo che potrebbe fare ottima breccia dal vivo è "Reset" e la sua attitudine aggressiva e spavalda. “On The Run” si profila come un pezzo non particolarmente tirato, ma che si lascia andare in atmosfere rock piuttosto interessanti e rilassanti. Si continua con “Hidden Streams” che presenta degli spezzoni sostenuti all’interno di una costruzione sostanzialmente blues-rock standard. Ed infine si dà libero spazio ai pezzi da novanta dell’album, che sono senza’altro “Nebula”, un viaggio cosmico attraverso le sfaccettature e dimensioni, attraverso lo spazio musicale incontrando Pink Floyd ed Elder, Airbag e gli stessi Nebula. Questa scia continua, forse anche con maggior impeto, con la successiva “Farewell”, dove fa capolino un incedere ritmato da farci sciogliere ossa e muscoli. I ragazzotti islandesi fanno di nuovo centro con un altro album di fattura molto buona, che consolida la loro posizione tra le realtà più interessanti del rock contemporaneo, tenendo ben presente che dal vivo ed in contesti a loro ideali hanno la consapevole posibilità di moltiplicare il loro impatto, la loro potenza ed il loro rapporto di interazione con il pubblico, che in questi anni ha saputo calorosamente apprezzarli.

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