THE DEVILS: Sin, You Sinners!
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27/10/2016Il rock’n’roll e il rockabilly centrifugati con il noise e il garage punk, ed abbelliti di ornamenti dark che rendono più cupo tutto il discorso. Questi sono i The Devils, vale a dire una coppia di ragazzi napoletani formatisi nel 2015 (all’anagrafe Gianni Vessella alla chitarra e voce, ed Erica Toraldo alla batteria e screaming), i quali, nelle immagini di copertina, indossano abiti talari, ma che intrinsecamente sembrano apprezzare volentieri culti leggermente più sinistri. In neanche venti minuti di musica, sciorinano ritmi vorticosi che sembrano creati in un garage di periferia, piuttosto che nel sottoscala di un condominio in centro città. Recepiscono i dettami del rockabilly classico, e li trasformano in percorsi che sfociano nel noise e nel punk più profondo. Come se un gruppo qualsiasi di musica rockabilly e rock’n’roll anni ’50, d’improvviso venisse catapultato al FOA Boccaccio, o in un qualsiasi fabbricato occupato o centro sociale ubicato ai margini della periferia urbana, scoprendoli poi, ad esibizione terminata, come i loro luoghi ideali mantenendo però una certa sobrietà di fondo. Non a caso il disco in questione è prodotto per l’etichetta svizzera Voodoo Rhythm Records, tra le più apprezzate e devote al culto del rockabilly ed a tutto ciò che fa garage e sound 50’s. Tra le band che fanno parte di questo team, un nome su tutti sono i The Hormonauts. I The Devils, invece, riescono a fare un passo in più: producono un suono dal retrogusto vintage, ma che risulta più moderno e contemporaneo grazie alla loro velocità di esecuzione e alla loro espressione lirica. Le poche parti cantate del disco alternano tematiche che già in passato sono state affrontate (come “Drunk Town” e “Puppy Nun”) e discorsi che anni addietro potevano essere additati come scandalosi (“Coitus Interruptus (From A Priest)”, tanto per gradire…). D’altro canto, i The Devils cercano di risultare immediati con la loro proposta musicale, ma un po’ la durata forse troppo esigua dell’album in relazione al numero dei brani inseriti, un po’ la modalità di produzione dei loro suoni non propriamente limpida (forse volutamente), risultano essere dei fattori che impediscono una riuscita del lavoro ottimale. La dimensione live potrebbe essere, come già accennato in precedenza, un contesto che accresca di più le loro potenzialità e le loro caratteristiche, e che paradossalmente possa creare un sound più pulito e più godibile, con un contemporaneo apprezzamento da parte degli ipotetici ascoltatori presenti. E’ comunque una band che nel sottobosco underground ha tutte le carte in regola per farsi valere.
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