SLASH: SLASH
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14/04/2010I dischi solisti, si sa, sono pericolosi, pericolosissimi. Spesso rappresentano un periodo qualitativamente fruttuoso di un artista che vuole dimostrare di saperci fare anche lontano dalla sua band madre (si pensi a Bruce Dickinson), ancor più spesso non sono altro che mediocri bivacchi musicali per chi non aspetta altro di tornare sulle scene con la reunion di turno (si pensi al recente Chris Cornell). Nel caso di Slash (serve davvero presentarlo?), le aspettative erano chiaramente alle stelle, sia per la lunga gestazione del disco che per il periodo un po’ di stallo dell’ex Guns ‘N Roses, con i Velvet Revolver ancora in cerca di un singer stabile. Devo dire che ero piuttosto scettico sul risultato finale (anche per il fatto di avere un guest diverso in ogni brano), ma sono stato smentito, perché Slash funziona, funziona davvero. Dal cilindro escono pezzi talvolta discreti, altre volte più che godibili, e a volte veramente eccellenti, merito chiaramente del riccioluto chitarrista, che ha saputo cucire ogni brano sulla voce di ogni singer. Dall’hard rock graffiante di Beautiful Dangerous (con Fergie, e chi pensava che fosse solo auto-tune nei dischi dei Black Eyed Peas, si ricreda) all’heavy di Nothing To Say, o la sabbathiana By The Sword, ogni pezzo è un piccolo gioiello, impreziosito di melodie e riff avvincenti, oltre ovviamente alle inconfondibili voci degli special guest. E se Ozzy e Lemmy svolgono il compitino in rispettivamente Crucify The Dead e Doctor Alibi, Chris Cornell porta a casa lo scettro di vincitore con la magnifica Promise. Insomma un disco che va preso per quello che è, un divertissment, ma da non sottovalutare, chè Slash certe cose intense come quelle che ci sono qui non le scriveva dai tempi dei Guns.
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