SIEGFRIED: NIBELUNG
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30/12/20092001: "Drachenherz". 2003: "Eisenwinter". 2009: "Nibelung". Austriaci di nascita, i Siegrfied concludono la trilogia sulla saga dei Nibelunghi iniziata otto anni fa e temporaneamente interrotta, o per meglio dire meglio rallentata, dai gravi problemi di salute della vocalist Sandra Schleret. L'idea è quella di presentare la saga di tradizione germanica attraverso testi che siano interpretabili alla luce delle proprie esperienze soggettive: una rilettura del mito come metafora delle difficoltà presenti nella vita di ciascuno, una possente riattualizzazione che, spiace dirlo, avrebbe forse raggiunto più menti se fosse stata tradotta in inglese. Questo avrebbe però tolto molto alla maestosità dell'opera, ragion per cui invito caldamente gli ascoltatori a procurarsi delle traduzioni. Va chiarito da subito che non siamo davanti ad un Epic classico, nè tantomeno Hollywoodiano o di altra matrice. Quello che scorre attraverso le nove tracce di "Nibelung" è un Epic puramente Wagneriano: orchestrale, sinfonico, lirico. Le tre voci, che interpretano i differenti personaggi dell'opera, giocano su stili e tonalità diverse, dal gotico di matrice lirica allo screaming passando per un più classico pulito, il tutto intessuto in una struttura di riff massicci intarsiati di arrangiamenti orchestrali. Scordiamoci pure virtuosismi strumentali, qui il tutto è creato per fornire un amalgama che possa accostarsi il più possibile al concetto originario di Richard Wagner. Possente, ricca di cambi di tempo e di melodia, la musica dei Siegfried sfugge alle categorizzazioni classiche, toccando e passando oltre il Classic, l'Epic, il Power, il Black, il Doom. Qualcosa come una brutalmente elaborata evoluzione dei Nightwish più elaborati, qualcosa cui gli Epica solo lontanamente possono rimandare nei loro momenti più intensi. Certo questo rende alquanto difficoltoso l'ascolto: senza un attimo di respiro, un giro catchy, un passaggio intuitivo, un riff easy listening, "Nibelung" si presenta come un massiccio monolite di cupa profondità stilistica e concettuale. Se ne raccomandano quindi ascolti ripetuti, possibilmente a distanza di tempo e con la giusta atmosfera. Una serata tranquilla e riflessiva, un po' di penombra, nessuno che disturbi: questi elementi sono fondamentali per poter percepire più facilmente lo spessore di un disco che, con tutta probabilità, non incontrerà l'accoglienza che meriterebbe. Troppo complesso, troppo poco diretto. Ed in un certo senso, troppo travolgente.
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