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MY DYING BRIDE: The Ghost Of Orion

data

27/03/2020
80


Genere: Gothic Doom Metal
Etichetta: Nuclear Blast Records
Distro: Warner Music
Anno: 2020

I brutti periodi succedono a tutti noi esseri umani. Chi se li protrae per molto tempo, chi invece per brevi momenti.  Un periodo molto brutto è capitato negli ultimi tempi all’anima dei My Dying Bride, Aaron Stainthorpe, che ha dovuto subire in prima persona la grave malattia della sua piccola figlia. Questa mazzata è stata assimilata in maniera piena dal padre, il quale è stato fortemente prosciugato delle sue forze. Oltre alle questioni strettamente familiari, si è aggiunto, dal punto di vista professionale, l’abbandono improvviso di uno dei membri storici della band inglese, il chitarrista Calvin Robertshaw, avvenuto proprio nei lavori di stesura di questo nuovo album, ‘The Ghost Of Orion’. Rimpiazzato quasi in fretta e in furia da Neil Blanchett (attualmente nei Valafar), la band ha continuato comunque in maniera molto professionale a comporre l’album, segnando anche una svolta dal punto di vista promozionale. Infatti, dopo una vita trascorsa con la Peaceville Records, i My Dying Bride hanno accettato l’offerta della major Nuclear Blast, per un album che, comunque, manitene ben saldo il credo della Sposa Morente, e il loro tipico sound. Addentrandoci nell’album, si capisce subito come il dolore ricevuto da Stainthorpe abbia provocato una scintilla per comporre  dei brani, insieme al fido chitarrista Andrew Craighan, che rappresentano in quel momento l’espressione massima del suo stato d’animo. Il risultato è ancora una volta emozionante, e lo testimonia sin da subito l’opener “Your Broken Shore”, un gothic-doom come Dio comanda dove si percepiscono dolore, rabbia, apparente senso di rassegnazione, e che la voce di Stainthorpe, assieme all’esemplare violino di Shaun MacGowan, rende questi sentimenti chiaramente ben percepibili. Ascoltando e carpendo la forte incisività del brano, si percepisce una sensazione simile a quella di una presenza che vuole penetrare la sua mano nel tuo petto per strapparti il cuore, talmente questo brano è toccante. Stato d’animo simile lo si prova con “Tired Of Tears”, una brano in cui Stainthorpe esprime la sua stanchezza per tutte quelle volte che ha dovuto soffrire dei propri dolori, passati e presenti. Una pozione balsamica, in mezzo a tutta questa oscurità, la dà Lindy-Fay Hella dei Wardruna, che con la sua candida voce rende “The Solace” un piccolo gioiellino, prima di arrivare a due brani da dieci minuti, uno più emozionante dell’altro. Sia “The Long Black Land”, che “The Old Earth” racchiudono in sé l’infinità atmosferica dei My Dying Bride attuali, strizzando l’occhio anche al passato. Due brani con una ritmica che, sulla lunga distanza, catturano l’ascoltatore e lo fanno trasportare con la mente attraverso un viaggio dal quale risulta impossibile desistere, e dove la voce cavernosa di Stainthopre fa da guida in questo tragitto carontesco. Quando si parla di gothic-doom metal, bisogna sempre fare i conti con i My Dying Bride, e quando è arrivato il loro momento di ripresentarsi cinque anni dopo ‘Feel The Misery’ hanno risposto presente. E lo hanno fatto in maniera ineccepibile.

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