KONVENT: Puritan Masochism
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28/01/2020La Scandinavia, ed in generale il Nord Europa, è da sempre patria, a livello metal, delle frange più estreme e gelide di questo genere. Ed anche stavolta, con il debutto delle danesi Konvent, non si fa alcuna eccezione. Anzi, queste quattro leggiadre ragazze di Copenaghen, oltre a ripercorrere le tappe più salienti del death-doom europeo, lo integrano con una cattiveria stilistica ed uno spirito che attualmente difficilmente si trova. Ciò che risulta chiaro sin dall’inizio dell’ascolto di ‘Puritan Masochism’, album che segue il demo del 2017 e di cui si è avventato l’occhio di Napalm Records, è che l’umanità deve soffrire per poter vivere, e non c’è spazio per facili sorrisi. Ad accoglierci nel torbido mondo delle Konvent, la plumbea gentilezza di Rikke Emilie List, che ci accompagna con il suo growl pesantissimo, scavandoci una voragine sotto i piedi. La title track è stato oggetto del primo video promozionale della band danese, e gli elementi al proprio interno, dalla capacità scenica della List di tenere il palco, di catturare il pubblico sia con il suo growl perentorio e la sua presenza in testa alla band, alla qualità stessa delle sue compagne di intessere trame molto oscure e penetranti, fanno capire che potremmo essere di fronte a delle nuove protagoniste della scena death-doom internazionale. Altro brano messo in mostra a livello promozionale è “Trust”, dove si svela in tutta la sua interezza questa senzazione claustrofobica che permea, comunque, tutto l’album; questo senso di grigiore infinito e di nebbia che inghiottisce e fagocita tutto il creato. Alla faccia della ‘fiducia’ che apparentemente vorrebbe rappresentare il brano dal suo titolo. “Worlds Of Gone” rivela ottime connessioni del doom con lo stoner, grazie a quel suo incedere lento ma ipnotico, come se il gelo del Nord si incontrasse con le allucinazioni del deserto più torrido. La miscela, opportunamente abbellita dalla catacombale voce della List, è un gioiellino dal peso specifico di molto superiore al piombo, ma che una volta assimilato assume inediti contorni di leggerezza. ‘Puritan Masochism’ è un disco sicuramente bello pesante, ma che non annoia, regalandoci anche sferzate di vigore come all’interno di “Bridge”, dove tra classici frammenti doom si incunea come un fulmine improvviso un’accelerata molto heavy, in cui emergono in primo piano la chitarra di Sara Helena Nørregaard e la batteria di Julie Simonsen, e che risulta adatta per un headbanging sostenuto. La missione principale delle Konvent rimane, però, quella di seppellirci nelle loro più umide e nascoste catacombe, non lasciando superstiti e nemmeno qualche speranza di salvezza. Le due parti della conclusiva “Ropes” lo testimoniano a fondo: sofferenza continua, perenne ricerca del dolore, instabilità mentale che fa innervosire l’essere umano al punto da renderlo completamente folle e privo di ogni normale coscienza. E nemmeno l’apparente momento di respiro alla fine dell’album potrà farci rinsavire e riprendere il cammino. I riferimenti sono vari: dai primi Katatonia e Swallow The Sun, al doom dei Candlemass e dei Lord Vicar (ma se ne potrebbero citare altri, come la Triade birtannica ai suoi primordi), le Konvent dimostrano di portare degnamente i pantaloni con tanto di solidi attributi, e possono puntare ad essere l’emblema del gentilsesso death-doom.
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