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IMMORTAL: AT THE HEART OF WINTER

data

22/04/2004
90


Genere: Epic/Thrash Metal
Etichetta: Osmose
Anno: 1999

Dopo il mezzo passo falso di "Blizzard Beasts" era chiaro che qualcosa di nuovo bolliva nel calderone di Abbath: gli Immortal non potevano certo fermarsi lì, e già avevano dimostrato di essere inclini ad influenze estranee al primigenio black metal. Inoltre, far fronte alla dipartita di Demonaz richiedeva quantomeno un cambio di stile, visto che probabilmente nessuno avrebbe potuto suonare la chitarra in un nuovo "Pure Holocaust". Ed è proprio "At the Heart of Winter" il disco della svolta. Un mare di polemiche dall'underground black metal si levò quando i fans degli Immortal sentirono per la prima volta il "pulitissimo" riff di "Withstand the Fall of Time", e le melodie accentuate che costellano questo lavoro. Era chiaro che gli Immortal non erano più circoscrivibili al fenomeno black metal, ma erano andati oltre, portando il loro discorso musicale su sentieri del tutto nuovi, ma sempre lastricati di ghiaccio, sangue, e acciaio. "At the Heart of Winter" colpisce immediatamente per una caratteristica da sempre vagamente presente nel sound Immortal, ma mai così accentuata: l'epicità. Bellicose marce terzinate, riff degni dei migliori Manowar, battagliere cavalcate nel freddo più intenso, testi guerrafondai e mitologici come non mai: le cose sono cambiate e molto, e la stessa musica degli Immortal non ha più niente di quel mistico esoterismo notturno dei loro primi lavori, è rimasta una estasiante e potentissima sinfonia dei mondi ghiacciati, recuperando il passato e mescolandolo sapientemente a idee del tutto nuove. Idee del tutto nuove che saltano subito alla luce nel guitarwork, come sempre la parte forse più importante di un disco degli Immortal. Abbath ha rilevato il ruolo di axeman, e si rivela anche lui un chitarrista ritmico dotatissimo e dallo stile pressochè inimitabile: micidiali palm muting, accordi potentissimi, sferzate memori del black metal e passaggi rapidi e travolgenti creano la struttura di queste epiche e gelide composizioni. Horgh, come sempre in grande spolvero, arricchisce il tutto con i suoi sconvolgenti tappeti di doppia cassa, stop and go da fiato sospeso e cambi di tempo repentini ma sempre terreni e concreti. E' un modo di suonare heavy metal, quello degli Immortal, per certi versi del tutto nuovo: potremmo definirlo un thrash metal epico estremamente aggressivo e dalle venature ancora blackeggianti, come riff di chitarra in sedicesimi e soprattutto l'abrasivo e inconfondibile screaming di Abbath. Si evidenzia inoltre un gusto per le melodie mai immaginato prima, così come una notevole capacità compositiva nel creare brani lunghi e articolati (la media del disco è sui 6, 7 minuti). Inoltre, i brani funzionano benissimo da sé pur inquadrandosi nel contesto del disco: che dire della travolgente "Solarfall", che riesce a scardinare ogni difesa e a farci tenere il fiato sospeso con la sua cavalcata iniziale, o della lunga ed incredibilmente epica "Tragedies Blow at the Horizon", guidata da riff ampi, glaciali, degni dei Bathory di "Hammerheart". Le strutture si semplificano molto nella title track, aperta da un suggestivo gioco di chitarre acustiche e synth che sfociano in riff Manowariani, quadrati e possenti, mentre le altre song ci mostrano il gusto per le ritmiche serrate degli Immortal mescolato alla nuova vena melodica ed epica. "At the Heart of Winter" soffre forse soltanto di una certa prolissità, in quanto a volte la lunghezza delle canzoni si trasforma in stanchezza visto che le idee alla base sovente non sono complesse quanto la struttura dei brani, e la ripetitività anche a livello di feeling costituisce il principale limite di questo disco. Cio non toglie che il risultato sia semplicemente grandioso: gli Immortal ci mostrano di essere in grado di scatenare una tormenta di neve nel nostro stereo anche suonando uno stile completamente diverso. Non è certo cosa da poco cambiare pelle da un disco all'altro e ottenere risultati sempre di altissimo livello… Difficile pensare di dimenticare gli imponenti ritornelli e le strofe lunghe e solide come massicci innevati di un disco che è un vero proprio viaggio al Cuore dell'Inverno.

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