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GALLHAMMER: III INNOCENCE

data

17/09/2007
65


Genere: Crust Doom Black
Etichetta: Peaceville Records
Anno: 2007

Non conoscono mezze misure queste tre cupissime ragazze giapponesi. E' direttamente dal Paese del Sol Levante, infatti, che arriva questo marcissimo e 'grim' "III Innocence". Queste 'ragazzacce' dagli occhi a mandorla sono dedite a un sound estremamente lento, grezzo e sporco, fortemente carico di rimandi ai vari Hellhammer (ma guarda un po!), Bathory (prima della svolta epic), Darkthrone e via dicendo, il tutto condito con un sapiente tocco punkeggiante. Quindi suoni marcissimi e grezzi, groove minimali e claustrofobici scanditi dall'inquietante basso di Vivian Slaughter, tempi ossessivamente lenti e depressivi, pronti a trasformarsi in puro caos e violenza in maniera improvisa e priva di sfumature. E poi le 'isteriche' e inquietanti grida che conferiscono un ulteriore apporto di grimness e disperazione al tutto. L'album di cui si parla qui è certamente rivolto a un pubblico "conservatore", poichè, a livello strettamente musicale qui non si va oltre le coordinate già da tempo stabilite dai maestri citati poc'anzi. Certo, è anche vero che nella (controversa) ottica blackster l'innovazione rappresenta più un difetto che altro. Ma qui diamo giudizi 'tecnici', e in base a questo possiamo dire che la produzione di "III Innocence" è positiva, riuscendo a essere, dove serve, marcia, grezza e polverosa. Musicalmente parlando non aspettatevi elaborazione o spessore tecnico da queste qui. Le parti sono efficaci, certo, ma molto semplici, lineari e decisamente poco originali o innovative. Qualche piccolo 'guizzo' di vivacità creativa c'è (vedi "Blind My Eyes"), ma per il resto è puro - anzi, impuro - Crust Metal, lentissimo e depressivo, ma anche duro e rozzissimo, a tratti. La 'resa' non è poi da buttare, ma dubito che le Gallhammer riusciranno a ritagliarsi uno spazio in molti dei cupi cuori degli appassionati di questo genere. Poi magari mi sbaglio, che ne so. Ma sinceramente, io continuo a preferire i maestri, quando i discepoli non sanno andare oltre.

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