FIRST HUMAN FERRO: ADAMANTION
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27/06/2007Un ambient un po' anomalo questo dei First Human Ferro, one man band dietro cui si muove Olegh Kolyada, artista ucraino alle prese con il sesto disco in studio, attivissimo nella scena anche con altro progetto chiamato Oda Relicta. "Adamnation" si avvale della partecipazione di Mykhayil A. Shukh, compositore classico ucraino, di due soprano, e dello scrittore giapponese Kenji Siratori il quale in più di una occasione presta ai brani la sua recitazione. Un insieme stralunato che fa di questo disco un lavoro sperimentale a tutti gli effetti, e che si sposta oltre il concetto di dark ambient abituale. Infatti, se le radici da cui discendono le composizioni sono ben note e salde, queste godono di valori aggiunti sia in materia evocativa, sia per quanto concerne lo stretto giro strumentale. Si passa dal noise e dal suono industriale, agli incubi dettati da una oscurità più nera della pece, a velate vibrazioni orientaleggianti, ad una sacralità davvero soprendente tanto da rendere un brano come "Camouflage" una sorta di cerimonia religiosa cyber e dall'anima metallica, calata in una atmosfera inquietante quanto consolante. I due soprano in "Cadaver City" fanno da contro altare a quel misto senso di disperazione e devastazione che domina un luogo classico per eccellenza, un posto dove ancora il passato ha una ascendenza predominante mentre il vuoto futuribile si fa spazio lentamente. Inesorabilmente. Intendiamoci, "Adamnation" non è un disco facile. Lo stesso "spoken word" in giapponese di Siratori è quanto di più incomprensibile ci possa essere, ma calato nel contesto assume forma piena dopo ripetuti ascolti, ed i fonemi trovano posto legittimo nonostante l'astrattismo del suono delle parole. Cinque tracce che potrebbero davvero rinverdire un genere che per quante volte riesca lo stesso a risultare interessante, si sposta poco dalle coordinate tipiche. In definitiva, un CD coraggioso e disturbante che va a scavare dentro e fuori la sostanza alla ricerca di un non meglio precisato fine, e che potrebbe rivelarsi solo quando è ormai troppo tardi. In fondo, è il principio dell'incertezza che ci alimenta. Null'altro.
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