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BORIS: AMPLIFIER WORHISP

data

12/10/2007
75


Genere: Doom
Etichetta: Mangrove
Anno: 1998

I Boris, che già nel nome sono un tributo ai Melvins, sono la band più importante di tutta la compagine doom nipponica; nel 1996 hanno scandalizzato il sol levante con 'Absolutego', una delle opere più estreme di tutto il genere, e due anni dopo, tornano con la stessa formazione (Atsuo, batteria e voce; Wata, chitarra e Takeshi al basso) ed un album prevalentemente strumentale, cantato in giapponese, intitolato 'Amplifier Worship', un disco raggelante e misterioso, composto da cinque macrotracce estenuanti quanto irrazionali e imprevedibili. I Boris nella loro carriera hanno calcato territori molto distanti, dal drone/doom estremo allo stoner al rock psichedelico fino all’avanguardia e all'umorismo; 'Amplifier Worship' è il germe, il brodo primordiale da cui prenderà vita tutto questo, un ammasso tossico di soluzioni allucinate in un susseguirsi schizofrenico ipnoticamente ripetitivo (come nel drone puro e senza batteria di "Vomitself", chiaramente ispirato agli Earth) o nervosamente incostante (come nel trip ballabile di "Ganbow-Ki") di vibrazioni e di rumori di fondo che si sovrappongono, collidono, interferiscono, si dissolvono delicatamente o addirittura implodono, talvolta in un pulsare quasi industriale (lasciatevi alienare da voi stessi con "Hama"), che si risolve in un turbine confusionario e malsano di sgomento e terrore. Dal futuristico e marziale ripetersi di vibrazioni in oceani di riverbero, a momenti di jam pura (come nel finale della già citata "Hama", dove c’è tutta una tensione lisergica che porta a un capovolgimento heavy Melvinsiano). "Kurumizu è uno dei pochi momenti in cui pare di ascoltare una canzone vera e propria, se non fosse che non c’è nessun elemento tipico della forma-canzone, ma una matassa dal ritmo hardcore che si dilata tra muri di distorsioni e di torpore à la Iron Monkey, fino a srotolarsi a fatica su lande rarefatte, che sanno di Pink Floyd. Uno di quegli album che è difficile capire senza calarsi nello spirito irrazionale e malato della band, più che musica si tratta di uno stato mentale di confusione e disorientamento. I migliori eredi dei Melvins, sia per la loro produzione mastodontica, sia per la loro attitudine a stravolgere il messaggio sabbathiano fino a tirane fuori idee nuove, sovente al limite del provocatorio, qualche volta grottesche, ma sempre originali e spiazzanti. N.B. il cd nell'edizione originale, in Europa, è introvabile. è reperibile solo l'edizione del 2001, a cura della Southern Lord.

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