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ULTIMA

Dopo averli scoperti attraverso il loro ultimo lavoro 'Bloom The Ego', abbiamo colto la palla al balzo scambiandoci quattro chiacchere a riguardo del disco, della loro idea di essere band e piani futuri!

Ciao ragazzi, benvenuti sulle pagine di Hardsounds. Come ho scritto nella mia recensione sono rimasto molto colpito dal vostro ultimo lavoro, 'Bloom The Ego'. Vuoi per il lavoro svolto nel songwriting, vuoi per le linee vocali inserite in trame fittissime di elementi sonori, insomma, complimenti. Vorrei partire però dalle basi, ossia da dove è nato questo disco e quali sono stati i primi passi fatti per far sì che da un’idea prendesse forma un lavoro del genere. Ciao Ragazzi, ringraziamo infinitamente per le belle parole spese su di noi! In realtà il disco nasce semplicemente dall’unione di più brani sviluppati nel periodo pre e durante il Covid. Avevamo sviluppato più di 20 brani di cui alla fine abbiamo selezionato i 10 che avete potuto ascoltare.

Sono andato poi a ritroso, ossia ascoltando anche il vostro precedente EP, dove, a mia sorpresa, direi che quasi potremmo parlare di due band stilisticamente abbastanza diverse, con un mini più improntato alla scena “core” che a quella progressive/djent di oggi. Quando avete captato quella necessità di spingervi oltre? E quanto è stato complesso unire tutte e cinque le vostre personalità sotto un’unica spole sonora come quella proposta in 'Bloom The Ego'? Dopo ‘Meritamun’ ci siamo resi conto di non essere riusciti a rispecchiare al massimo le nostre influenze, e complice la poca soddisfazione che abbiamo avuto da quel mixaggio, volevamo puntare a qualcosa di più “nostro”, sia a livello di sound, sia di composizione. Unire le personalità fortunatamente non è stato troppo complicato. Siamo riusciti ad unire tutte le capacità, stili e influenze di tutti in una maniera abbastanza spontanea.

Onestamente sono un grande fan di Periphery e Veil Of Maya, due band che avete tra l’altro citato nelle vostre influenze, i primi forse per un fattore legato alla dissonanza del vostro sound e i secondi per l’estrosità compositiva. In cosa vi ritrovate e cosa invece invidiate a questi due nomi? I Veil of Maya sono stati parte integrante dell’influenza principale in 'Meritamun', soprattutto il singolo "Inadequate". I Periphery sono sempre stati il nostro faro e ci facciamo influenzare molto da loro perché ci sono sempre sembrati una spanna sopra a qualsiasi altra band sulla faccia della terra, oltre a piacerci moltissimo. Di loro invidiamo molto il fatto di essere rimasti fedeli a loro stessi, nonostante il mondo del metal moderno stia prendendo una piega diversa da quella che loro stanno continuando a mantenere.

Parlando invece dell’aspetto vocale. Posso dire che il primo nome saltato subito alla mente è stato quello dei Between The Buried And Me, vuoi per la presenza importante del growl, ma anche per la capacità di dare ossigeno al tutto attraverso linee melodiche riuscite. Come si sono svolte le sessioni riguardanti le voci e quanto è stato complesso spingersi verso un nuovo modo di interpretare le parti vocali? Per quanto riguarda le voci ci siamo affidati al nostro cantante, il quale ha pensato di farsi costruire una sala per le registrazioni di voce che faceva al caso nostro. Per la composizione delle parti vocali lavoriamo come ci detta l’enfasi del momento: può capitare che i testi vengano scritti dal batterista, può capitare che le linee vengano inventate o suggerite dai chitarristi, fino a che una determinata linea convince appieno tutti e cinque i membri a prescindere da come sono state concepite.

In fatto di estrosità sonora il primo nome local che mi viene in mente è quello dei Destrage. Pensate che abbiano in qualche modo influito sul vostro percorso artistico? No. In realtà non li abbiamo mai presi in considerazione. Nonostante il genere abbiamo sempre cercato di raggiungere sonorità e strutture compositive alla portata di più potenziali ascoltatori, mantenendo comunque tutto l’aspetto progressive che il genere richiede e mantenendo soprattutto la nostra personalità. Diciamo che abbiamo un modus operandi molto differente dal loro.

La scelta di inserire un brano intermezzo come “Mammoth” mi ha incuriosito parecchio, è stata una scelta fatta per dare respiro a un disco fin lì tiratissimo o un esperimento che potremmo ritrovare in chiave futura nelle vostre composizioni? L’abbiamo inserito per dare respiro al disco, perché ci siamo resi conto che nove pezzi tutti di fila sarebbero risultati troppo pesanti, facendo spazio a un brano diverso dagli altri.

Per la produzione vi siete affidati a Fabrizio Gesuato, chitarrista della deathcore band The Big Jazz Duo. A cosa dobbiamo questa scelta e cosa pensate del suo operato sul disco? A mio parere ha reso ancor più cristallini passaggi che con una produzione basica si sarebbero quasi sicuramente persi. Avevamo sentito parlare molto bene di lui e non essendo stati contenti del lavoro fatto con l’EP precedente da un altro “producer” ci siamo rivolti agli Inverno Studios, il quale era un ottimo compromesso a livello di qualità prezzo.

In chiave ritmica qual è stato il brano più complesso da realizzare? Perché? Probabilmente "The Seraph". Li ci siamo sfogati dando spazio a tecnica ritmica pura senza lasciarci un secondo di respiro e senza lasciarlo all’ascoltatore. È stato molto complesso coordinarsi nonostante il click a causa di tutte le pause presenti e per l’elevata velocità.

Siete già riusciti a promuovere dal vivo i nuovi brani? Come è stata la resa? Li abbiamo portati live già da prima che uscisse l’album, anche per capire se poteva essere di gradimento e per capire dalla reazione del pubblico e dalle loro parole a fine concerto quali potevano essere i singoli più papabili. La resa è stata abbastanza buona, è sempre bello per noi vedere le persone che si gasano con le nostre canzoni, nonostante fossero nuove.

Solitamente quando si parla di progressive l’idea che si fa è che questo tipo di band siano più consone a un ambiente quale lo studio piuttosto che a quello live. Nel vostro caso invece quale pensate sia la dimensione naturale degli ULTIMA? Il nostro ambiente naturale è dove possiamo suonare, quindi non ci fa molta differenza che sia un esperienza in studio o live. Noi cerchiamo sempre di dare tutto quello che abbiamo al progetto, divertirci e di fare tesoro di tutte le esperienze accumulate.

Lasciando a voi la chiusura, vi chiederei una lista di cinque band italiane underground da scoprire (spiegandoci il perché)! Da noi vige una regola: “non si supporta la concorrenza” (risate), detto questo suggeriamo:
Once in a While: un misto di cattiveria e melodia, nostri amichetti del cuore con cui suoniamo spessissimo;
Dedalus Project: I Veil Of Maya italiani, coi quali c’è stata subito affinità;
Ravine: l’hardcore cattivo, formato da gente buona come il pane;
Eyes Of Noah: metalcore devastante fatto da ragazzi molto in gamba;
Not My Grave: melodie assolute e produzione da panico.

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