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SHORES OF NULL

Chi ha potuto seguire gli Shores Of Null durante la loro carriera, dovrebbe sapere perfettamente che non si sta parlando di una band che fa dell'allegria il proprio cavallo di battaglia. Tutt'altro. Il loro doom tremendamente freddo si è sempre posto come un marchio indelebile, assieme al senso di angoscia e di gelida inquietudine che ogni brano ed ogni riff sprigiona. Questa volta la band di Davide Straccione ha voluto compiere un passo ulteriore nel personale percorso verso gli abissi del nostro animo, scandagliando tra studi e letture il significato autentico del Dolore, e ponendolo sul piano musicale attraverso un racconto unico, come unica è la traccia che compone il nuovo lavoro 'Beyond The Shores (On Death And Dying)'. La band ha creato un disco da assaporare con la dovuta calma ed in maniera ragionata, per cogliere ogni sfumatura ed ogni impulso proveniente da questo straziante stato d'animo. Davide in persona ci ha voluto parlare di questo disco e delle sue varie componenti.

Ciao Davide. Prima di tutto spiegaci come avete affrontato questo difficile anno dal punto di vista dei vostri progetti artistici, e se questa situazione ha influito concretamente nella pubblicazione del vostro nuovo album. Ciao! Metto subito le cose in chiaro dicendo che ‘Beyond The Shores’ non è un album nato in quarantena. Come abbiamo già detto sui nostri canali social, insieme a questo abbiamo registrato anche un’altro disco. Le cose sono andate così: nell’estate 2019 entrammo in studio per registrare batteria e basso per quello che sarà il nostro prossimo disco, un album più “classico”, con vere e proprie tracce. I nostri rapporti con Candlelight/Spinefarm e la nostra fiducia nei loro confronti erano ai minimi storici, ma c’erano ancora dei cavilli contrattuali che ci avrebbero legato a loro ancora per un altro album con molta probabilità, e a dire il vero non ce la sentivamo di dar loro in pasto un disco su cui avevamo lavorato così sodo. Nasce così l’idea di scrivere un altro disco, qualcosa di diverso dal solito, un’unica traccia lenta e dilatata che si discostasse da quanto fatto fino a quel momento. In una pausa dalle registrazioni quindi, Gabriele (Giaccari, chitarra, ndr) e Raffaele (colace, chitarra, ndr) compongono in 4 o 5 sessioni ciò che poi diventerà ‘Beyond The Shores (On Death And Dying)’, nato inizialmente come esperimento, una sorta di seconda scelta che poi è diventato quello che potete ascoltare oggi, personalmente la migliore cosa che abbiamo mai fatto. Torniamo quindi in studio per fare batterie e basso di questa lunga traccia, successivamente chitarre e voci per entrambi i dischi. Ironia della sorte, riusciamo a svincolarci da Candlelight/Spinefarm e ci ritroviamo con ben due dischi tra le mani molto diversi tra loro. Decidiamo quindi di dare la priorità all’album monotraccia, molto più adatto al periodo che stiamo vivendo.

'Beyond The Shores (On Death And Dying)', a differenza dei precedenti album, si presenta assolutamente come un concept unico, formato da vari frammenti lirici e stilistici. La scelta di concepire un’unica grande traccia è stata fatta espressamente grazie alla lettura del libro “On Death And Dying” della dottoressa Elisabeth Kübler-Ross? C’è stata comunque la possibilità di costruire un album classico come i precedenti? La scelta della traccia unica è avvenuta prima di scegliere il concept, ma si può dire che il tema abbia in parte influenzato la scrittura e anche la struttura del brano, perlomeno nella sua fase finale. Avevo già scritto molti testi per l’altro disco per cui ero un po’ a corto di idee, un giorno però Gabriele mi suggerisce il libro ‘La morte e il morire’ della Kübler-Ross, in inglese appunto ‘On Death And Dying’, e decisi di documentarmi. Un disco composto da una sola traccia di quasi 40 minuti era qualcosa di totalmente nuovo per noi, sentivo il bisogno di una voce narrante che raccontasse qualcosa di doloroso, perché già ascoltando i primi demo ti assicuro che la traccia era già cupa come la ascolti adesso. La composizione di questo album non è stata affatto come quella dei precedenti, né di quello che lo seguirà, nonostante l’estrema lunghezza è stato scritto quasi di getto, per i testi c’è voluto invece molto studio e il risultato ci soddisfa appieno.

C’è una ragione precisa per cui avete scelto proprio  questa specialista e questo libro? Come ti dicevo, è tutto nato da un suggerimento di Gabriele, nessuno di noi ha studi in psichiatria e psicologia alle spalle, ma sono rimasto estremamente affascinato dallo studio della Kübler-Ross su un argomento delicato come quello del morire e dell’elaborazione del lutto.

In tutto l’album, e leggendo i testi, si capisce concretamente il tema del dolore e della sofferenza che ricopre tutto il lavoro, raggiungendo anche una sorta di sopraffazione quasi disarmante. Indipendentemente dall’attuale situazione, lo stato d’animo percepito sia da voi, sia dalla scrittrice è lo stesso che affrontate osservando con i vostri occhi ciò che vi circonda? Il libro della Kübler-Ross raccoglie interviste ai suoi pazienti, malati terminali; il suo studio era innovativo proprio per questo ed è stata una pioniera nel campo dell’assistenza ai malati all’ultimo stadio. ‘On Death And Dying’ è in realtà un libro sulla vita, indaga le paure dei vivi di fronte alla morte dando una voce ai malati, dai quali la stessa Kübler-Ross disse di imparare molto. In ‘Beyond The Shores’ queste esperienze vengono rielaborate e il tutto viene affidato ad un narratore immaginario, il quale affronta la propria morte, giungendo dopo varie fasi all’accettazione di essa.

Stilisticamente parlando, si sente che siete andati ancora più a fondo nelle sonorità death-doom, raggiungendo anche atmosfere funeral. Come vi sentite voi stessi quando vi esprimete con questo sound? Mi piace considerare ‘Beyond The Shores’ come un fuori pista, avevamo estremo bisogno di pubblicare qualcosa di “rottura” e quando si è presentata l’occasione l’abbiamo presa al volo. Le sonorità death-doom sono sempre state presenti nel nostro sound, ma mai prima d’ora avevano preso il sopravvento come in questo caso. Ci siamo sentiti molto ispirati nel comporre questo disco e, come ti dicevo, è nato piuttosto di getto. Personalmente scrivere linee vocali per parti particolarmente lente e malinconiche come queste è qualcosa che mi dà una profonda soddisfazione, credo siano le parti dove riesco ad esprimermi al meglio.

L’atmosfera intrappolata nella copertina, secondo me, rende molto bene l’idea di solitudine e di sofferenza provocata da un ambiente apparentemente ostile. Da dove è nata l’immagine del paesaggio gelido e spoglio della copertina? È solo un’immagine paesaggistica, o racchiude in sé uno stato interiore? E’ una fotografia di Sabrina Caramanico, nota fotografa abruzzese con la quale abbiamo deciso di collaborare per questo album, e anche per il prossimo. Appena abbiamo visto questa foto ci ha colpito profondamente e fin da subito abbiamo pensato che fosse perfetta per rappresentare ‘Beyond The Shores’. Non è solo un paesaggio, ma racchiude in sé tanto altro. Rami esili e spogli, avvolti nella neve, la fine di un ciclo, lo scomparire nella foschia come simbolo della vita che ci sfugge tra le mani.

Per quest’album avete avuto il notevole supporto di colleghi come Mikko Kotamaki degli Swallow The Sun, Thomas Jensen dei Saturnus ed Elisabetta Marchetti degli Inno. L’album è stato concepito e costruito avendo già in mente queste precise figure? Il pezzo nasce già con l’idea di avere degli ospiti. Una volta ascoltato il brano erano chiare due cose: si sentiva il bisogno di una voce femminile in un paio di punti strategici; sentivamo inoltre la necessità di invitare Thomas e Mikko perché altrimenti non ci saremmo dati pace. Alcuni riff sembravano scritti per le loro voci, e così ho fatto la cosa più naturale che potessi fare: ho chiesto a Thomas e Mikko di partecipare al disco. Da fan di entrambe le loro band è stata un’emozione grandissima poterli avere sul nostro disco, nonché nostri ospiti a Roma per un paio di giorni, e non dei semplici guest a distanza; renderli parte del processo creativo era per noi di fondamentale importanza. Per la voce femminile, dopo un po’ di brainstorming, la scelta più ovvia era sotto ai nostri occhi, Elisabetta Marchetti degli Inno. La sua voce ha letteralmente cambiato il volto del brano con la sua eleganza e sobrietà, personalmente è stato bellissimo poter duettare con lei.

Qual è la caratteristica più interessante che avete colto per ciascuno di questi artisti? Mikko e Thomas hanno due dei growl più belli e caratteristici dell’intera scena death/doom mondiale, se non proprio metal in generale. Umanamente parlando si sono dimostrate delle persone eccezionali. Conoscevamo già Thomas, e abbiamo avuto di conoscere meglio Mikko durante le registrazioni, e siamo sempre più felici di essere riusciti ad invitarli a Roma prima che scoppiasse tutto il casino del Covid. Anche Elisabetta rientra nella categoria 'persone eccezionali', super professionale in studio come d’altronde ogni ospite presente su ‘Beyond The Shores’.

L’album si chiude con la registrazione di una pioggia incessante. Ipoteticamente, questa pioggia continua o c’è uno spiraglio di luce dopo tutto questo senso di dolore? Rappresenta piuttosto la fine del dolore. Il disco si interrompe bruscamente dopo una lunga processione emozionale, la pioggia e la melodia vengono spezzate da un tuono e tutto finisce così, senza possibilità di ripresa, in sospeso. Il nostro protagonista aveva già da tempo accettato il suo destino per cui c’è solo una serena accettazione, la fine del proprio dolore, e molto probabilmente l’inizio di un dolore ancora più grande per coloro che restano.

Avete ipotizzato una modalità di promozione del nuovo album, stante la situazione, o lasciate ormai l’album “in balìa” degli ascoltatori che ne fruiranno? Per ora ci concentriamo sulla promozione del disco “da remoto”, lavorando sui social, cercando di spingere sui canali di streaming, Spotify e Youtube in particolare, perché il video che abbiamo fatto non deve assolutamente passare inosservato. Non c’è molto altro da fare in questo momento, cercheremo di farci trovare pronti quando si tornerà a suonare, abbiamo un paio di festival in programma per l’estate 2021 (Metal Days e Luppolo In Rock) e speriamo se ne aggiungano altri. La risposta del pubblico comunque sta superando ogni più rosea aspettativa, soprattutto in molti ci stanno scrivendo messaggi privati dicendo quanto questo disco li abbia emozionati e quanto l’esperienza brano/video sia stata toccante. Queste cose fanno immensamente piacere. Anche il formato fisico sta andando molto bene, sia cd che vinile, quest’ultimo stampato in cinque diverse varianti.

Oltre agli Shores Of Null, da tempo sei impegnato con l’etichetta Spikerot Records. Come sta andando questa esperienza, e se si può considerare una scelta preferenziale per la pubblicazione del nuovo disco? L’esperienza di Spikerot, insieme ai miei due soci e amici Antonello e Alessio, nasce nel 2018 fin da subito con intenzioni serie. A distanza di due anni abbiamo portato a casa ben diciotto uscite, spaziando dal doom al death/grind, passando per post-black metal e colonne sonore; abbiamo anche avuto il privilegio di pubblicare ‘I Cannibali’ di Ennio Morricone prima che il Maestro ci lasciasse. Siamo molto aperti come gusti ma amiamo fare cose di qualità, al di là del genere. Viviamo un periodo di incertezza ed estrema difficoltà e questo si riflette anche sulle etichette, per cui abbiamo preferito fare le cose internamente ed affidarci a Spikerot Records ci è sembrata la scelta più saggia, avendo così il controllo e la sinergia necessari per poter far funzionare le cose al meglio delle nostre possibilità.

Parlando di te espressamente, se possiamo tirare un bilancio, come consideri la tua carriera come cantante? Ho iniziato a 19 anni con gli Zippo, con loro ho affrontato i miei primi tour europei, quelli più estenuanti, quelli a condizioni più estreme, ho dormito sui pavimenti, nel furgone, ho cantato con le tonsille gonfie, con due ore di sonno, davanti a 2 persone, davanti a 100, ho mangiato cibo che ti vergogneresti a dare persino al tuo cane, ho macinato chilometri quasi sempre alla guida... Ma sai che ti dico? Non cambierei tutto questo per nulla al mondo. Anche i primi anni degli Shores Of Null sono stati pressappoco così, sono esperienze che mi hanno temprato, quelle stesse esperienze che ti permettono di essere grato nel momento in cui ti trovi a calcare palchi più prestigiosi, e a non dare mai nulla per scontato. Ho inciso quattro album con gli Zippo, quattro con gli Shores Of Null (di cui tre editi ed uno ancora inedito), ho girato l’Europa in lungo e in largo con la mia musica, ho cantato come ospite nei dischi di Harakiri For The Sky, Methadone Skies, Dewfall, Veracrash, SpermBloodShit. Ho fatto le mie cose e penso che ne farò ancora tante.

In conclusione, esponi un valido motivo agli ascoltatori che magari vi conoscono poco di scoprire gli Shores of Null, ed ascoltare ‘Beyond The Shores’. Un valido motivo può essere il tempo a vostra disposizione, dovreste averne esattamente 38 consecutivi se volete ascoltare ‘Beyond The Shores (On Death And Dying)’ senza interruzioni. Se non ci conoscete vi consiglio di partire dal video https://youtu.be/PicIlnHwYCw per una migliore esperienza audiovisiva. In generale, se vi piacciono My Dying Bride, Paradise Lost, Swallow The Sun e Saturnus, questo disco dovrebbe fare al caso vostro.

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