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PATH OF SORROW

Li abbiamo voluti al festival della webzine a novembre, dove abbiamo goduto di una performance decisamente carismatica per essere un gruppo al primo album. E ora ascoltiamo cosa hanno da dire. I Path of Sorrow sono tra i migliori esordienti che ci è capitato di ascoltare negli ultimi mesi, ed a quanto pare, come si leggerà dalle loro parole, hanno la fame giusta per continuare a stupire.

Benvenuti su Hardsounds.it. Da quanto tempo suonate insieme? Quando avete deciso di fare sul serio, di puntare tutto su un gruppo che suona musica inedita? Insomma, come è iniziato il vostro "sentiero"? Robert (bassista): Il gruppo nasce nel 2012, ma la formazione attuale risale a dicembre 2014. Creare musica nostra è stato l'obiettivo principale fin dal primo momento, integrando le nostre passate esperienze per un progetto totalmente inedito. Dopo aver registrato una demo (che purtroppo non è mai stata rilasciata), a causa delle divergenze stilistiche sorte tra i membri della band, il nostro sentiero si è diviso; a mantenere il nome Path of Sorrow siamo rimasti solo io e Mat [il cantante]. Fortunatamente, intuendo che il progetto aveva del potenziale, Davi, Attila e Jacopo, contattati per portarlo avanti, non ci hanno pensato due volte a prenderne parte. Da quel momento le cose hanno iniziato ad essere più serie, sia dal punto di vista compositivo che come prestazioni live.

Sin dal titolo 'Fearytales' richiama una componente narrativa, di racconto dell'orrore. E questo sentore è anche più forte in musica e testi, cosa che vi rende in parte diversi dai più classici gruppi che suonano il vostro genere. Come vi definireste? Quali gruppi, esperienze personali, libri o film possono dirsi cruciali per voi? Mat (cantante): Ci pare quasi una bestemmia paragonarci ai grandi del genere, tuttavia se proprio dobbiamo utilizzare delle etichette la nostra proposta musicale è riconducibile al melodic death tipico della Svezia, con qualche sfumatura thrash metal di stampo tedesco. Detto questo, i nomi ai quali ci ispiriamo come band vengono da soli: Dark Tranquillity, Hypocrisy, Kreator, In Flames, At the Gates (e per i buoni intenditori, Dissection). Ma non bastano le influenze musicali: per le nostre atmosfere orrorifiche dobbiamo molto sia alla cinematografia che alla letteratura classiche del genere, ricordandosi sempre che vengono usate come metafore per parlare delle paure che tutti noi condividiamo quotidianamente. L'esempio forse più azzeccato rimane il pezzo che chiude il disco ("This is the Entrance"), il cui testo trae ispirazione dal libro di un autore italiano ('Il Diacono' - Andrea G. Colombo). Detto questo, se potessimo arrogarci il diritto di coniare un'etichetta apposta per noi, quell'etichetta si chiamerebbe Horror Death metal.

Come siete arrivati a Buil2Kill e Nadir? Come avviene il loro lavoro con le band emergenti? Quali altri gruppi di quella scuderia apprezzate maggiormente? Attila (batterista): Dopo aver contattato diverse etichette ed aver valutato tutte le offerte che ci sono state fatte, la nostra scelta non poteva non ricadere sulla Buil2Kill/Nadir, non solo per la professionalità che tutti conosciamo, ma anche per i rapporti di amicizia che teniamo con Trevor e co. La loro competenza e il loro metodo di lavoro sono di alto livello e permettono, anche alle band emergenti come noi, di avere la possibilità di essere viste e di farsi notare, mettendogli a disposizione tutti i canali e le opportunità di cui una band underground ha bisogno. Lo si vede dalla varietà e qualità dei nostri compagni di scuderia quali ad esempio i Five Minutes Hate (coi quali abbiamo suonato assieme questa estate al Grave Party), i One Leg Man, i Denial (peraltro nostri concittadini) e chi più ne ha più ne metta.

Che cosa avete imparato in studio? Era come ve lo immaginavate o più facile/difficile? Ci sono cose che oggi, riascoltando 'Fearytales', avreste fatto diversamente? Davi (chitarrista): Credo che l'esperienza in studio sia per la maggior parte delle band underground una sfida che ha da insegnare su diversi fronti. Per noi quella al Blackwave Studio di Fabio Palombi è stata una vera e propria avventura, che ci ha aperto gli occhi e trasformato, rendendoci consapevoli e obbligandoci ad affrontare e superare i nostri limiti come musicisti. Questo ci ha permesso di poter portare dal vivo tutto ciò che si può sentire su disco. Possiamo dirci pienamente soddisfatti del prodotto finale; ovviamente, crescendo e maturando ogni giorno sia come singoli che come organico, troveremo sempre qualcosa che, tornando indietro, cambieremmo; tuttavia non si può modificare il passato, potremo solo trovare nuove ispirazioni per i lavori futuri.

Dal vivo vi ho visti imbracciare delle chiarre a sette corde ed essere ancora più violenti che in studio. Che strumenti e amplificatori utilizzate per creare il vostro sound? Chi è il più geloso dei suoi strumenti? Robert: Per quello che riguarda il basso, io ho cercato di portare il suono dal vivo nelle registrazioni, e dalle registrazioni al palco. Uso un basso semiartigianale e completamente custom fatto dalla Mayones (Polonia) sulle mie specifiche, la stessa cosa per quel che riguarda pedali e amplificatore, Darkglass (Finlandia) e Grbass (Italia). Sono piccole aziende di cui conosco personalmente i titolari, i quali hanno creato ottimi prodotti e trovato il mio suono dopo anni di tentativi. Reputo tutti i pezzi della mia strumentazione parte di me, perché ogni cosa è totalmente personalizzata.
Ja (chitarrista: Io non sono assolutamente geloso, e se una band con cui dividiamo il palco mi chiede di condividere la strumentazione lo faccio ben volentieri. Vado matto per la strumentazione Line6, per questo sono munito di una piccola testa SpiderIII e di un Pod XT Live che rispetta ogni mia esigenza. Ovviamente, come ascia, non potrei non utilizzare una Schecter (fino a poco tempo fa usavo una SGR C-7, ora invece ho una Demon 7): eleganti e allo stesso tempo brutali, se hai bisogno di cattiveria queste sono le compagne più adatte per un musicista.
Davi: Come Jacopo, anch'io suono una Schecter, una Hellriser C7-FR per la precisione. Come amplificatore uso una testata Engl Special Edition e670. Per quanto riguarda gli effetti, mi affido soprattutto al Nova System della TC Electronic, inserito nel send return, con il quale, inoltre, piloto via midi la testata; per finire ho alcuni pedali messi davanti all'ampli: Mooer Acoustikar, Morley M2(volume/wah), ed il mitico mini polytune, di nuovo della TC.

Avete suonato a Roma con un po' di gruppi death metal provenienti dalle regioni più disparate d'Italia. Cosa avete appreso in quella circostanza dalla coabitazione del palco con Demiurgon, Electrocution, Logic of Denial e Lectern? Mat: Si temeva, essendoci ritrovati in una setlist così estrema, di risultare fuori luogo. Invece abbiamo trovato una buona risposta da parte del pubblico, che è stato catturato dal nostro spettacolo; ed è inoltre stata l'ennesima occasione per stringere amicizie, nonché a consolidare quella che nacque con gli Electrocution un anno fa proprio qui "in casa nostra". Ne approfittiamo per ringraziare nuovamente Lectern, Demiurgon e Logic of Denial per la loro professionalità sopra e sotto il palco e per la compagnia durante la serata.

In quali altre città avete suonato? C'è una ricettività particolare per il Vostro genere in zone specifiche? Oppure l'Italia, per quanto avete avuto modo di sperimentare, è un contenitore omogeneo? Ja: Abbiamo avuto la possibilità, nel poco tempo successivo alla nostra "rinascita", di esibirci in diverse città italiane (Arezzo, Roma, Brescia, Milano) ed una estera (Friburgo in Brisgovia). Ci riteniamo molto fortunati, perché in tutte le nostre trasferte abbiamo riscontrato una notevole affluenza di pubblico nonostante sia opinione comune che, in Italia, il metal venga raramente supportato. Questo forse è merito, speriamo, anche del nostro impegno a rendere i nostri pezzi "orecchiabili".

Non esasperate le vostre canzoni con la tecnica, prediligete sempre un'atmosfera molto marcata. Questione di gusti musicali oppure di opportunità per una più efficace riproduzione dal vivo? A proposito, il libro con immagine e titolo della canzone, che esibite nei concerti, è una trovata semplice che vi rende originali in quel contesto. Attila: In tutta onestà non ci siamo mai posti il problema del tasso tecnico da utilizzare; più che altro abbiamo sempre cercato di fare ciò che ci piaceva. Il nostro scopo è sempre stato quello di puntare su pezzi diretti e di impatto, dove la tecnica, qualora presente, sia in funzione della musicalità. Il libro è il nostro modo di interpretare il titolo del disco, i disegni contenuti all'interno sono opera di Mat (che si occupa anche della maggior parte dei testi). Per noi la componente scenica/atmosferica è fondamentale, e cerchiamo di far si che sia tutt'uno con la musica, in modo da trasmettere il "mood" di ciò che esprimiamo nel testo.

Cosa pensate del crowdfunding? Qui in Italia le posizioni sono abbastanza nette: da un lato chi pensa sia elemosina, dall'altro invece chi pensa sia un modo intelligente di vendere merch e promuoversi. Davi: Il crowdfunding può essere la salvezza per una band che ha già detto qualcosa, per band sconosciute o semisconosciute penso che sia un azzardo. Alla fine purtroppo è più una spesa che un guadagno "creare" un disco, possiamo solo consolarci con la soddisfazione personale che può darci. Non sapremo se rientreremo mai di tutte le spese, ma siamo sicuri che le emozioni che ci da suonare la nostra musica davanti a sempre più persone nuove che non ci conoscono ma che ci apprezzano, sicuramente ripaga tutte le fatiche.

Da estimatori dello swedish metal, vi stupisce (in positivo o in negativo) più la carriera mainstream degli In Flames o il nuovo corso degli Arch Enemy? Robert: La domanda è posta proprio a chi ha passato anni a suonare cover degli In Flames, ho adorato questa band dalla prima volta che ho sentito 'Whoracle', sono andato fuori di testa con 'Clayman', un connubbio di melodia e cattiveria, ora non riesco a sentirli se vedo scritto il loro nome, l'ultimo disco è semplicemente "pop", e purtroppo, ad uno che li ha amati alla follia, non rimane che arrendersi e lasciare andare alla deriva il carrozzone In Flames. Discorso diverso per At The Gates, che hanno ripreso esattamente da dove ci lasciarono 20 anni fa, mentre Arch Enemy e Dark Tranquillity si sono evoluti lasciandosi contaminare ed ammorbidire, ma senza mai dimenticare le loro fortissime radici Death Metal.

La pubblicazione di un disco sotto etichetta è per voi un punto di arrivo o un trampolino di lancio per diffondervi ulteriormente? Mat: Come dice il nome stesso del gruppo, il nostro è un "sentiero", fatto di tappe; una importantissima era la realizzazione di questo disco, con cui vogliamo segnare un punto fermo, e poi ripartire per vedere cos'altro ci porterà il percorrere questa via tortuosa e meravigliosa, in cui dobbiamo ringraziare tutti quelli che ci hanno sostenuto e che ci sostengono tutt'ora, nonchè la Nadir/Buil2Kill per aver creduto in noi ed averci dato tutte le opportunità per rendere unica questa avventura.

Il metal italiano (non solo quello estremo) può dire la propria a livello europeo? Ja: Il metal italiano, negli ultimi anni, è cresciuto tantissimo, ha trovato modo di esprimersi e di non temere la concorrenza, questo grazie alla volontà ed alla perseveranza dei suoi fautori, e ad alcuni gruppi che sono riusciti ad imporsi in un mercato che, specialmente in casa nostra, è prettamente esterofilo. Abbiamo ottime realtà in tutti i generi e sottogeneri del metal e lo stiamo dimostrando andandoci a prendere piccoli pezzi di mercato in Europa e non solo. Se riuscissimo a sostenere di più il "prodotto" Made in Italy, come fanno in tutte le realtà estere, sono sicuro che la scena potrebbe solo che migliorare. Noi nel nostro piccolo cerchiamo di dare supporto ai nostri colleghi sotto il palco e nei social network, e quando ne abbiamo l'occasione supportando con cd e merch le band che reputiamo più valide:è una piccola cosa ma forse la più importante per le band underground come la nostra. 

Vogliamo rinnovare i ringraziamenti all'Hardsounds per averci inserito nel festival, a tutti Voi per l'immenso lavoro che fate per sostenere l'underground (e non solo), ed infine a te per il tempo e le belle parole spese per noi!

A presto,
Path Of Sorrow

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