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GOD IS AN ASTRONAUT

Dieci album, quasi venti anni di carriera. Ne hanno fatta parecchia di strada gli irlandesi God Is An Astronaut, che con il loro caratteristico sound sono diventati a pieno merito durante gli anni uno dei baluardi del post-rock internazionale. All'interno di una discografia con poche sbavature, si inserisce appunto il loro decimo capitolo, 'Ghost Tapes #10', quasi come a sintetizzare proprio il traguardo raggiunto. Un disco che ci ricorda i God Is An Astronaut più belli e convincenti, con un sound che ricorda spesso e volentieri ciò che di buono in passato hanno saputo offrirci. Anche loro costretti a ri-pianificare il loro modo di lavorare e di esprimersi a causa della pandemia, in particolare il tour celebrativo del loro album probabilmente più emblematico, 'All Is Violent, All Is Bright', la band dei fratelli Kinsella non si è persa d'animo ed ha continuato per la loro strada, alla ricerca di suoni sempre più emozionanti ed enfatici. Uno di loro, Torsten Kinsella, ci ha dato il piacere di confrontarsi con noi, cercando di approfondire il lavoro svolto per il nuovo album, nonché tutto ciò che sta loro ruotando intorno.

Ciao Torsten, e benvenuto su Hardsounds. Prima di tutto, vorrei parlarti della mancata promozione del decennale di ‘All Is Violent, all Is Bright’. Come sai, la pandemia ha rivoluzionato drasticamente il mondo della cultura e dello spettacolo. Quanto ha inciso, per voi, non poter celebrare nel modo dovuto un album così importante per la vostra carriera? In generale, il periodo attuale è stato molto difficile per noi. Principalmente dipendiamo dei tour per poterci guadagnare da vivere. E’ stato particolarmente frustrante che il tour per il quindicesimo anniversario di ‘All Is Violent, All Is Bright’ sia stato rimandato a causa della pandemia; sono stati venduti molti biglietti, ma alla fine abbiamo dovuto riorganizzare questi concerti per il 2022, che sarà anche il ventesimo anniversario di carriera della band, cosicché tutto possa assumere ancora un senso.

Secondo te senza quell’album avremmo potuto conoscere i God Is An Astronaut così come li possiamo apprezzare ora? Il nostro album ‘All Is Violent, All Is Bright’ ci ha definitivamente portati alla ribalta ed è stato un album estremamente importante per la band. Allo stesso tempo, ricordo perfettamente quando nel 2005 ci fu un grande interesse in rete per l’album; fino a quel momento non abbiamo potuto fare concerti al di fuori dell’Irlanda. È stato quando abbiamo pubblicato ‘Far From Refuge’ nel 2007 che ci siamo approcciati con un’agenzia di booking per poter suonare fuori dall’Irlanda. La nostra reputazione si è accumulata con il passare degli anni, soprattutto la nostra dimensione live ci ha portati dove siamo oggi.

Rimanendo in tema pandemia, ma spostandoci sul nuovo album, quanto l’attuale situazione ha inciso sui lavori per ‘Ghost Tapes #10’? Le canzoni del nuovo album sono state scritte tra la fine del 2018 e l’inizio del 2020, e la versione demo è stata registrata nel marzo 2020. La maggior parte del materiale è stata scritta precedentemente alla pandemia, ad eccezione di due brani: “Adrift” che è stato scritto nel febbraio 2020, e che in maniera subconscia è come se fosse stato scritto per descrivere come il mondo stesse andando “alla deriva”; e “In Flux” scritto nel marzo 2020, e che ha  probabilmente catturato le nostre frustrazioni e il nostro stato di stress causato dalla pandemia. Quando è iniziato il lockdown, tutto si è fermato; nonostante questo, ci è stato permesso di provare di nuovo a lavorare e suonare, e il governo irlandese ha introdotto una disposizione in cui gli spettacoli di arte e cultura si sarebbero potuti svolgere a porte chiuse. Abbiamo sperimentato un certo grado di stress, che penso sia dovuto alla tensione nella scrittura delle canzoni e nelle prove live. Guardando il lato positivo, la pandemia ci ha permesso di avere un tempo extra per risistemare il nostro sound, sperimentando con amplificatori e pedali, e siamo molto soddisfatti per il sound che abbiamo prodotto con gli amplificatory digitali. Il nuovo sound è diventato più vivo e molto più espressivo.

Oltre al numero #10 che tende a sottolineare il vostro decimo album in studio, quale significato si cela dietro le parole ‘Ghost Tapes’? Il nome proviene dalla campagna americana di propaganda “Operation Wandering Soul”, in cui le forze armate statunitensi usavano voci distorte e suoni inquietanti che fingono di provenire dai Viet Cong uccisi, per cercare di instillare un senso di terrore e di paura. La registrazione è stata numerata con il #10 e veniva poi messa in onda dagli speaker radio all’esterno delle basi americane e degli elicotteri. Essendo il nostro decimo album, quest’idea ci sembrava adatta al senso di tensione che la musica produce; c’è una sensazione di disagio che parte dalla musica, che esprime una forte urgenza di fuggire e muoversi lontano da qualcosa per lasciarlo alle spalle.

Dopo un album (a mio personale parere) sotto le attese come ‘Epitaph’, con il nuovo album siete tornati a riscoprire le abituali sonorità di un tempo. Qual è stato l’obiettivo primario per voi prima di iniziare i lavori per ‘Ghost Tapes #10’? Dopo ‘Epitaph’, che è stato scritto in ricordo del nostro cugino “Oisìn” (venuto a mancare all’età di soli sette anni, e da cui è nato il brano omonimo scritto nel giorno in cui i fratelli Kinsella hanno appreso la notizia della sua morte, ndr), in maniera istintiva abbiamo deciso di non fare un album cupo, ma che mantenesse un sound in up-tempo, in modo da essere l’inizio di un nuovo capitolo. L’album cattura la nostra angoscia, il nostro sforzo e la determinazione ad andare sempre avanti.

Credo che il ritorno nella band di Jamie Dean abbia influito molto nel rendere il vostro sound maggiormente autentico, per non dire classico. Quali sono state le ragioni del suo ritorno? Jamie ci ha contattati nel 2019, e una volta completati tutti i nostri impegni in tour per quell’anno abbiamo avuto il tempo e l’opportunità di ritrovarci e di suonare di nuovo insieme. A quel punto, una volta che si è unito con noi, ci siamo accorti che tutto andava come sarebbe dovuto andare, ci siamo sentiti davvero come una band, c’era una chimica nascosta tra di noi e Jamie ha dato sempre un grande entusiasmo ed una grande energia alla band. Pur essendo lontano dalla band, le ha dato una sua prospettiva, e ha sentito che noi avevamo bisogno di lavorare ad un sound che fosse meno ricercato e più crudo. Ognuno in questo disco ha registrato le proprie rispettive parti; nel passato ho potuto suonare le parti di seconda chitarra o anche il piano, ma Jamie ha suonato tutte le linee che farà dal vivo, ed ha aggiunto in maniera del tutto naturale il suo carattere nel disco. L’album cattura davvero la performance di una vera band.

I video che hanno accompagnato i pezzi che hanno anticipato l’uscita dell’album (“Burial”, “Fade” e “Adrift”) sono tutti contraddistinti da una rappresentazione in bianco e nero della vita. Eppure, ascoltando sia questi brani, ma anche la maggior parte del vostro repertorio, è verosimile associare la vostra musica anche ad un’immagine piena di colori, testimoniata anche dalle coreografie di luci che proponete nei live. Che tipo di immagini e colori vedete quando suonate i vostri pezzi? Ci è piaciuta l’idea di provare qualcosa di diverso dal solito per i video di ‘Ghost Tapes #10’. “Chariot of Black Moth” è un artista che è conosciuto per i suoi temi oscuri, in bianco e nero, e che sono molto apprezzati nella scena black metal ed in altri generi dark underground. Apparentemente potrebbe sembrare una collaborazione inusuale tra lui ed i God Is An Astronaut, ma il suo stile è risultato perfettamente complementare alla nostra musica. Guardando in un’ottica live, quando suono il nuovo material posso vedere molti colori diversi che lavorano assieme, in particolare penso a dei colori psichedelici che possano contribuire molto bene in generale.

Nel brano conclusivo “Luminous Waves” si nota la partecipazione della violoncellista Jo Quail. Come siete arrivati a conoscere una musicista della sua qualità e ad inserirla in questo particolare brano? Abbiamo conosciuto Jo Quail (www.joquail.co.uk) quando abbiamo suonato nello stesso bill in un festival a Londra, e siamo rimasti estasiati dalla sua performance. Jo ci ha incontrati chiedendo se avessimo bisogno del suo violoncello per l’album. Molti dei nostri brani sono stati completati come se non volessimo che questo disco avesse troppa produzione. Nonostante questo, “Luminous Waves”, che all’inizio era un brano molto spoglio con un sacco di spazio da poter riempire, grazie a lei è diventato un brano veramente di alto livello. Jo ha registrato una gran bella performance di violoncello, molto ispirata, con parecchi suoni atmosferici a sostegno del sound principale che hanno reso il brano qualitativamente notevole.

Gli aerei apparentemente in picchiata rappresentati in copertina, come devono essere immaginati nell’ottica dell’album? Per me, l’aereo raffigurato in copertina rappresenta il senso di essere sull’orlo del precipizio, in attesa della distruzione. David Rooney, che è un nostro amico e vicino di casa, ha curato l’artwork di copertina. Quando ho suonato per lui alcune delle prime registrazioni per il nuovo disco, gli ho raccontato di un mio sogno ricorrente in cui gli aerei sembravano cadere dal cielo e rimanere sospesi nell’aria, rimanendo in bilico senza mai toccare il suolo, ma continuando comunque a disintegrarsi.

In generale, l’atmosfera irlandese e i suoi paesaggi quanto hanno inciso sul vostro sound? L’Irlanda è un posto molto bello, è casa nostra e i suoi paesaggi sono una forte ispirazione per me. Glendalough, la foresta di Djouce e le cascate di Powerscourt nella contea di Wicklow, The Burren nella contea di Clare, Newgrange nella contea di Meath sono tutti posti speciali che mi hanno sempre ispirato. In questo disco c’è un brano che si chiama “Barren Trees” che è stato scritto nel novembre 2019, ed è in parte ispirato dalla foresta di Djouce proprio nel periodo autunnale.

Per la vostra lunga carriera e la vostra qualità, vi ho sempre considerati come tra i più importanti musicisti irlandesi in senso assoluto, senza scomodare nessuna delle band come, ad esempio, U2, The Cranberries, The Corrs e tanti altri. Pensate anche voi di aver dato un contributo importante alla cultura musicale irlandese? Penso che abbiamo contribuito a qualcosa di positivo nella scena musicale irlandese. Anche se la nostra musica non è stata pienamente riconosciuta qui in Irlanda durante gli anni per svariati motivi, siamo comunque orgogliosi di poter rappresentare l’Irlanda nel resto del mondo, specialmente in posti come Russia, India, Cina, ecc. Sento che la nostra musica, col passare degli anni, abbia resistito alla prova del tempo.

(God Is An Astronaut live @ Cyprus Avenue, Cork, Irlanda - 08/02/2019)

Un appassionato di musica che vorrebbe iniziare ad ascoltarvi, da quale album dovrebbe partire per poter conoscervi meglio? Dipende dal proprio stato d’animo. In momenti di malinconia, possono essere adatti dischi come ‘A Moment Of Stillness’ o ‘All Is Violent, All is Bright’; se si cerca invece qualcosa di più energico, ma che abbia in sè anche un senso di angoscia, ascoltare il nuovo album può avere un senso. Infine, se ci cerca una certa dose di varietà, consiglio l’album omonimo.

Avete riprogrammato per fine 2021 e 2022 le date di celebrazione di ‘All Is Violent, All Is Bright’. Come verranno organizzate, soprattutto in funzione dell’album appena uscito? Abbiamo trascorso un po’ di tempo per pensarci, ed abbiamo deciso che per questi concerti suoneremo prima tutto ‘All Is Violent, All Is Bright’ e poi, dopo una piccolo pausa, suoneremo sei brani da ‘Ghost Tapes #10’.

Avete anche riconfermato il ritorno in Italia previsto per maggio 2022. Negli ultimi anni è sembrata proporre, come una sorta di tradizione, quella di suonare in Italia verso la prima metà di luglio; ricordo concerti memorabili a Milano e Roma. C’è una ragione precisa nel suonare in Italia in quel preciso periodo? E in generale, che rapporto avete con l’Italia e con i fans italiani, che storicamente vi hanno sempre supportato molto? L’Italia è uno dei nostri luoghi preferiti per suonare dal vivo, i fans che ci seguono sono parecchi e molto leali. Abbiamo un bel rapporto con Matt di Hellfire Booking e gli saremo davvero grati qualora questi concerti speciali potranno svolgersi. Incrociando le dita, torneremo in Italia nel 2022.

Siete arrivati al decimo album in studio, e soprattutto siete arrivati alle soglie dei venti anni di carriera. Riuscite a fare un bilancio del vostro percorso e di ciò che di buono avete ricevuto e che possa farvi tesoro per i successivi venti anni? I God Is An Astronaut sono stati sin dall’inizio una grande avventura e siamo dei ragazzi sempre pieni di entusiasmo, ora come agli inizi. Dentro al gruppo, stiamo attraversando un buon periodo, la line-up è tornata ad avere una sua piena forza e siamo concentrati per continuare a scrivere nuova musica in futuro, in una sorta di continua sfida con noi stessi. Speriamo che noi e tutti i nostri fans possiamo stare bene e uscire fuori da questa pandemia.

Per concludere, rivolgete un buon motivo verso gli ascoltatori, convincendoli ad ascoltare ‘Ghost Tapes #10’, e in generale voi God Is An Astronaut. Noi abbiamo messo tutte le nostre forze all’interno del nuovo album, e siamo ansiosi per come questo disco verrà ascoltato dai fans. ‘Ghost Tapes #10’, stilisticamente, è molto più up-tempo, è più feroce, intenso e più ‘progressive’ rispetto ai nostri precedenti dischi, ha dei tempi sonori più intricati, e dal vivo ha un sound più crudo. È un nuovo capitolo per la band, ma è altrettanto importante approfondire il nostro materiale più vecchio per capire dove siamo arrivati sino ad ora. Noi ci fidiamo del supporto della nostra fanbase che è sempre stata leale con noi, e speriamo che vi divertiate con la nostra mujsica ed a vederci dal vivo una volta che la pandemia sarà superata.

(God Is An Astronaut live @ Villa Ada, Roma - 12/07/2019)

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