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MANOWAR: INTO GLORY RIDE

data

11/01/2005
100


Genere: Epic Metal
Etichetta: Geffen
Anno: 1983

I lamenti di una giovane fanciulla in evidente stato di eccitazione sessuale. Modo piuttosto inusuale di aprire un disco come "Into Glory Ride", com'è inusuale l'intera traccia di apertura, la scanzonatissima e rockeggiante "Warlord", che potrebbe trarre in inganno se non fosse che alla sua conclusione una monumentale rullata di batteria apre, insieme alla maestosa "Secrets of Steel", l'insanguinato sipario non solo di un disco di bellezza commovente, ma di un intero mondo fatto di battaglie sanguinose, scontri all'ultimo sangue, colossi in armatura e sterminate distese di cadaveri con le spade ancora in pugno. Nel secondo disco dei Manowar, quello che aprirà la loro indimenticabile stagione Epic Metal, la stessa idea di "musica" cessa di essere semplicemente tale: la batteria, per la prima volta affidata al rudimentale Scott Columbus, è talmente grezza, imprecisa e travolgente da sembrare la tempesta su cui cavalca l'incessante e bellicoso basso di Joey deMaio col suo inconfondibile clangore d'acciaio. I mastodontici riff di Ross the Boss, insieme ai solos lancinanti e spietati, completano il quadro strumentale su cui si districa l'incredibile prestazione di Eric Adams, che incarna ora la voce del cantore, ora il grido disperato del guerriero, ora la ferocia degli Dèi onnipossenti, unendo una tecnica inarrivabile con una passione e una grinta mai ascoltate in ambito heavy metal. Questà epicità tout-court, questo metallo intransigente e battagliero, dimostra però di sapersi anche adattare ad ogni possibile contesto immaginabile nell'ambito dell'Epic Metal: le 6 magnifiche composizioni (esclusa la rockeggiante opener) sono infatti completamente diverse tra loro, oltre che di lunga durata e spesso di concezione tutt'altro che immediata. Chiaramente il tutto senza perdere mai di vista l'impatto sonoro obbligato da un genere che evita i fronzoli e gli abbellimenti, adottando un sound sporco ed immediato, che farà storcere il naso agli amanti delle ultime produzioni targate Manowar, ma farà innamorare chi dalla musica cerca in primo luogo emozioni. La caratteristica che accomuna i brani è appunto la potenza delle emozioni comunicate: il disco infatti ci sbatte in faccia tutta la sua potenza, che essa sia espressa da momenti melodici e sognanti, come nella celestiale "Gates of Valhalla", nel cui intro Eric sembra davvero guidarci nel regno degli eroi caduti, o dalla spietata ferocia di "Hatred", sorprendente brano in cui il doom più sulfureo si mescola ad antiche, stranianti, melodie. L'alternanza di luci e ombre, comunque accomunata da un feeling sempre sontuoso e monumentale, è sempre presente nel disco, e perfettamente riassunta dalla conclusiva suite "March for Revenge". Un granitico riff che ha la stessa potenza di un esercito, in marcia verso il chorus epocale ed esaltante, preludio allo struggente compianto del compagno in armi ucciso. Lacrime presto bruciate via da un fiume di sangue, che riprende e conclude questa gloriosa, implacabile e EPICA marcia per la vendetta! Un viaggio nell'epicità più pura, senza perdere di vista la concretezza di una cruda e efferata realtà, insomma, una magistrale sintesi di ciò che fu l'Epic Metal, simboleggiato da visioni simboliche ma assolutamente travolgenti, da una barbarie che è viva e pulsante anche nel nostro presente, da sensazioni purissime e antiche risvegliate da una musica di potenza irresistibile.

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