ICEBURN: Asclepius
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06/07/2021Si comincia con brutali colpetti di grancassa e rumori prodotti da chitarre distorte. Ho pensato subito ai Melvins: suoni pesantissimi, assai vicini allo stoner, debitore, quest’ultimo,dei Black Sabbath e, successivamente, di alcune cose folli fatte da Mike Patton, in una delle sue innumerevoli reincarnazioni. Questo sono gli Iceburn, band americana sin dal 1991, con il solo Gentry Densley sempre presente in formazione, nonchè membro fondatore, compositore, cantante e chitarrista, insomma, mente della band. Questo nuovo disco, ‘Asclepius’ è il nono della serie, a vent’anni dall’ultima pubblicazione. Propone, come nella tradizione della band, brani/suite di lunga durata: per la precisione, qui soltanto due, “Healing The Ouroburos” e “Dahlia Rides The Firebird” rispettivamente di 19 e 18 minuti circa. La prima traccia, dopo un lunghissimo intro già sopra descritto, sembra decollare con ritmi più veloci solo dopo otto minuti di un groove sporco, martellante e lentissimo. Il brano diventa una sorta di post progressive, ma sempre caratterizzato da suoni e effetti piuttosto grezzi. La seconda traccia parte invece presto con un cantato lamentoso e roco, su una base che ricorda i brani più pesanti dei Black Sabbath del periodo d’oro. A metà della sua durata, la suite sfocia in una sorta di noise-progressive, se così si può dire, molto interessante. Personalmente non sono un amante degli esercizi di stile e trovo eccessivo fare brani così lunghi e pretenziosi, anche perché le variazioni ritmiche presenti nei due brani non sono tali da giustificare durate così lunghe, come facevano, per dire, i King Crimson o gli Yes. I brani, se fossero durati la metà, tanto per fare un esempio, con l’aggiunta di qualche altra traccia più breve, forse avrebbero avuto una miglior resa sonora. Per cui, questo disco è rivolto ai fan del genere, visto che si tratta di una band importante per la musica divergente ma che è rimasta sempre nel circuito delle cosiddette cult band. Dico questo perché le idee della band e gli arrangiamenti del disco sono buoni e l’impressione generale all’ascolto del disco è comunque abbastanza positiva.
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