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GALAVERNA: Dods Dans

data

03/09/2016
70


Genere: Folk Music, Ambient Music
Etichetta: Rock CD Records
Distro:
Anno: 2015

Il musicista veronese Valerio Willy Goattin, già in forza a band underground italiane ed internazionali come i Riul Doamnei e gli Slap Guru, è una persona che nutre forti passioni per tutto ciò che è evocativo nella musica. Le atmosfere di terre desolate, dai climi freddi e poco ospitali, nonché la figura della morte come spettro che aleggia lontano ma tangibile, sono i soggetti che Goattin ed il progetto Galaverna traduce in musica con ‘Dods Dans’, tradotto per l’appunto ‘La danza della morte’. Una danza che viene ben raffigurata in copertina, con dei monaci e dei seguaci, rigorosamente ed esclusivamente ossei, che producono il loro sinistro rituale nel buio della notte. All’apparenza questo artwork può immaginare una band dedita a sporche e putride sonorità vicine al death metal, ma ascoltando l’album nulla di tutto questo avviene. Siamo infatti di fronte a sonorità molto tranquille ed accomodanti, che ricordano parecchio un certo folk di scuola nordica pieno zeppo di fresche brezze che entrano in contatto con la pelle, come se queste ci stessero abbigliando. I toni e la misura non vengono quasi mai impennati verso l’alto, si rimane sempre in quella coltre di purezza musicale, degna di un sogno in cui i protagonisti sono, per esempio, i territori sconfinati del Nord del mondo, in cui foreste, boschi, fauna selvaggia e lande deserte la fanno da padrone. Paesaggi raccontati soprattutto dalla voce e chitarra acustica dello stesso Goattin, e dal flauto di Giulio De Boni, che tocca picchi di evocatività non indifferenti. ‘Dods Dans’ è sì la traduzione di ‘danza della morte’, ma è anche una danza della mente e dell’anima, pronte ad interagire per esplorare paesaggi sino ad ora poco conosciuti, e lasciarsi guidare dal vento trainante che non conosce ostacoli. Da ascoltare prevalentemente in compagnia del proprio inconscio, cercando di non accettare eventuali interferenze dall’esterno che potrebbero compromettere il dialogo tra la mente dell’ascoltatore e la band.

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