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ACE FREHLEY: 10,000 Volts

data

20/03/2024
58


Genere: Hard Rock
Etichetta: MNRK Heavy
Distro:
Anno: 2024

Ace Frehley chitarrista detto Space Man. Nel 1978 inizia la sua carriera solista (il più venduto tra i quattro esperimenti individuali degli uomini mascherati). Nel 1987 fonda il gruppo Frehley’s Comet, e realizza due album studio dalle caratteristiche anni ‘80 e ancora attuali allo stesso tempo. Ma è con i progetti da solista che manifesta la sua dote individuale, sempre smorzata dai suoi compagni di gruppo Kiss. All’età di 73 anni presenta il suo ultimo progetto ’10.000 Volts’, scritto e prodotto con Steve Brown (Trixter). Partirei dalla fine e comincerei con la sua firma (i frammenti), da “Stratosphere”, la traccia strumentale cosmica (una ricchezza di note inedite, con soli 4 centilitri di whiskey), che mi ha catapultato nel suo 1989, in “Fractured III” ("Trouble Walkin’’), forse una delle composizioni più belle del “non più ragazzo” del Bronx. Ogni suo progetto solista termina con un frammento chitarristico. E questa particella del 2024 (11) è ancora in grado di illuminare la sua dote compositiva. Ace nasce come musicista autodidatta, cresciuto respirando aria di musica già nel proprio soggiorno dove un pianoforte (alimentato da madre, padre e sorella) ed una chitarra (suonata dal fratello), miglioravano le qualità dell’aria; mezzo con cui continua ad eliminare l’aria viziata. E’ il fautore dei riff che hanno caratterizzato il sound chitarristico/semplice degli album dei Kiss: un bouquet (che ha sconvolto l’era musicale) composto da armonia fra tre elementi: Gibson Les Paul, suono Marshall e rock ’n’ roll. Una discografia divisa in due fasi. Nella prima, fino al 2014, un continuo rimando al rock degli anni ’50-’60-’70 ed ai suoi ispiratori (ma comunque, componendo prodotti sempre dal valore discreto, sino ad ‘Anomaly’, ‘Space Invader’); e successivamente dal 2016, un riproporre cover reinterpretate (‘Original Vol.1’, ‘Original Vol. 2’) o creazioni deboli come ‘Spacemen’. Questo ultimo progetto ’10.000 Volts’ purtroppo si riallaccia alla seconda fase. Chi ha apprezzato la sua carriera solista non apprezzerà bonariamente questo disco. Il richiamo al rock, al suo glam, non è abbastanza forte, nonostante l’uso dei suoi soliti stratagemmi (melodie che inneggiano a cori unanimi, ballad acustiche e soprattutto sentieri hard rock più ruvidi). Manca il suo groove, istintivo, settantiano, smaltato di glam. E l’esigenza di riascoltare l’album non sopraggiunge! Non è un problema di voce, ma di composizioni fragili, deboli. E’ un rock che non accontenta, e che, neanche con malinconia (atmosfera da Ozzy in “Life Of A Stranger”), esplora spazi musicali ancora da smascherare. E’ un progetto pigro. Se avesse aperto tutti i suoi cassetti della memoria, e se avesse suonato, suonato malinconia, suonato la sua età, la sua debolezza: la resa sarebbe stata completamente differente.

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